Alla fine le valutazioni conteranno (I Parte)

- 02/06/2017
Mentre il mercato azionario continua a migliorare i suoi massimi storici, pare che per molti investitori le valutazioni non contino più. Noi non siamo di questo parere: non lo siamo mai stati. Restiamo dell’idea che Wall Street sia massicciamente sopravvalutata, con riferimento agli utili realizzati e a quelli attesi. Questa sopravvalutazione è il risultato del più massiccio esperimento finanziario della storia: la dilatazione del bilancio della Federal Reserve, da 800 miliardi di dollari di fine 2008, ai 4.5 trilioni di fine 2015. Oggi, 18 mesi dopo il primo innalzamento dei tassi dopo sette anni, il tasso Fed effettivo si attesta a 91 punti base: meno dell’un percento. Non esitiamo a parlare di “bolla” delle banche centrali, visto anche il modo con cui sono cresciuti i prezzi delle attività finanziarie.
Espandendo il suo bilancio e mantenendo i tassi bassissimi, la Fed ha ritenuto che le attività finanziarie avrebbero prodotto uno stimolo, sotto forma di “effetto ricchezza”, sui consumi. Questo avrebbe prodotto un rilancio dell’attività economica che avrebbe prodotto benefici per l’intera economica; inclusi i meno fortunati che non dispongono di investimenti finanziari. I risultati non sono stati in linea con le attese, e il PIL è cresciuto in questi anni di circa il 2% reale, non senza produrre effetti collaterali indesiderabili: le diseguaglianze sono cresciute, mentre il mercato azionario ha raggiunto valutazioni da bolla. Al momento attuale il P/E calcolato con gli utili effettivamente conseguiti negli ultimi dodici mesi, si attesta a 24.2 volte: un dato sconcertante.
Crediamo che nel lungo periodo i profitti dovrebbero crescere quanto l’attività economica. Ma il mercato azionario sconta un ritmo di espansione insostenibile; per una serie di ragioni.
Anzitutto crediamo che il debito pubblico americano – che consiste di debito federale, statale, locale; di aziende, famiglie e studenti – abbia avuto un ruolo decisivo nella crescita stagnante degli ultimi anni. Questo dato si attesta correntemente a 66 trilioni di dollari, pari al 330% del PIL. Servire questo debito comporta distrarre risorse da altri impieghi più profittevoli. Inoltre, dato il livello artificiosamente basso dei tassi di interesse, la sensibilità all’eventualità non remota di un aumento del costo del denaro è elevata: un rischio non sufficientemente enfatizzato. Senza considerare il problema, che prima o poi si porrà, dello smantellamento del bilancio della Fed: la liquidazione dei titoli in pancia alla banca centrale potrebbe indurre una turbolenza che si propagherebbe a tutto il mondo. Si tratterebbe a ben vedere di un altro “esperimento”. E non abbiamo parlato delle passività fuori bilancio, secondo alcune stime di entità compresa fra 80 e 150 trilioni di dollari...