Pianeta America
Alla fine le valutazioni conteranno (II Parte)

Crediamo che il debito pubblico americano – che consiste di debito federale, statale, locale; di aziende, famiglie e studenti – abbia avuto un ruolo decisivo nella crescita stagnante degli ultimi anni. Questo dato si attesta correntemente a 66 trilioni di dollari, pari al 330% del PIL. Servire questo debito comporta distrarre risorse da altri impieghi più profittevoli. Inoltre, dato il livello artificiosamente basso dei tassi di interesse, la sensibilità all’eventualità non remota di un aumento del costo del denaro è elevata: un rischio non sufficientemente enfatizzato. Senza considerare il problema, che prima o poi si porrà, dello smantellamento del bilancio della Fed: la liquidazione dei titoli in pancia alla banca centrale potrebbe indurre una turbolenza che si propagherebbe a tutto il mondo. Si tratterebbe a ben vedere di un altro “esperimento”. E non abbiamo parlato delle passività fuori bilancio, secondo alcune stime di entità compresa fra 80 e 150 trilioni di dollari…
BCE, BoJ e BoE hanno adottato un approccio del tipo “Whatever it takes”. Anch’esse hanno espanso a dismisura i rispettivi bilanci, adottando al contempo inauditi tassi di interesse negativi. Alla fine, buona parte del denaro generato è stato convogliato verso gli Stati Uniti, a caccia di rendimento: questo ha ulteriormente inflazionato le attività finanziari negli USA. Anche in Cina, la seconda economia mondiale, ha sperimentato una bolla del credito ad un ritmo impressionante; al punto che il suo settore bancario, in rapporto alle dimensioni dell’economia, è il più grande al mondo.
Il tasso di crescita del PIL è funzione della variazione delle ore lavorate e del prodotto per ora. Con un’economia praticamente in piena occupazione non c’è granché spazio per l’espansione delle ore di lavoro. Inoltre, siamo ora giunto al momento in cui i baby boomer andranno in pensione, ritirandosi al ritmo di oltre 10.000 al giorno, mentre i nuovi occupati crescono ad un passo sensibilmente inferiore. Una crescita dei flussi migratori potrebbe arginare il problema, ma non ci sembra che l’amministrazione Trump abbia molta voglia di affrontare questo problema.
Sul fronte della produttività, l’allarme è stato lanciato di recente addirittura dal governatore della Fed Alan Greenspan. Il quale sostiene che negli anni recenti l’espansione degli impegni di spesa fuori bilancio (pensioni, sanità) abbia assorbito il risparmio privato, il che ha provocato un prosciugamento del denaro destinato agli investimenti. E ha parlato esplicitamente di una riforma degli impegni di spesa che si rende ormai improcrastinabile. Non possiamo non essere d’accordo.
Sicché, visti i livelli raggiunti dall’indebitamento e le prospettive dei tassi di interesse, unitamente alle tendenze demografiche, il nostro convincimento è che l’economia americana crescerà ancora ad un ritmo insoddisfacente, e inadeguato a fronte della crescita degli anni passati del mercato azionario. Siamo sicuri che gli interventi della Fed abbiano inflazionato e distorto il valore di Wall Street come di tutte le attività finanziarie.
Questa volta “non sarà diverso”. In ultima analisi la borsa riflette i fondamentali, e ciò non avviene in questo momento. Quando ciò avverrà, come è sempre successo nel passato, le azioni scenderanno molto più velocemente di quanto siano salite.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...