Che succede in America?

- 09/06/2017
Gli investitori vivono una condizione psicologica difficilmente spiegabile. Da un lato, leggono come tutti i giornali, e apprendono con un misto di rassegnazione ed apprensione, le notizie controverse che provengono dalla Casa Bianca. Dall’altro, continuano a comprare azioni, con una tale leggerezza, da aver sancito la morte prematura di quella creatura una volta nota con il nome di volatilità.
Insomma, di tutti i “Trump trade” in vigore negli ultimi sette mesi, quello del mercato azionario è l’unico rimasto spettacolarmente in piedi: accantonati i propositi ambiziosi di espansione degli investimenti finanziati in deficit – e meno male!; accantonata la prospettiva di un surriscaldamento dei tassi di interesse che avrebbe mandato in orbita il dollaro; soltanto Wall Street ha gratificato gli investitori.
Il che però genera un conundrum evidente: se l’economia tutto sommato va bene, come giura Wall Street, come mai il costo del denaro si raffredda? Lo S&P si è arrampicato (sai che notizia) a nuovi massimi storici, ma negli ultimi tre mesi il rendimento dei Treasury è precipitato, confermando le indicazioni cautelative provenienti dagli indicatori congiunturali.
Un indice azionario nel decile più elevato delle rilevazioni degli ultimi sei mesi, a fronte di un rendimento dei T-Note nel decile più basso, è materia più che altro da psichiatri; e fenomeno piuttosto inconsueto: ma non del tutto raro.
In effetti questa divergenza negli anni più recenti non ha intercettato massimi definitivi. Ma, tendenzialmente, ha anticipato periodi che alla lunga hanno consentito di acquistare azioni a livelli più ragionevoli. Insomma, sulla base dell’esperienza degli ultimi anni, non possiamo escludere che Wall Street si migliori ancora, da qui ad un anno; ma da qui ai prossimi tre-quattro mesi lo scenario si fa meno convincente.