Come iniziano i bear market

- 19/05/2014
Ecco come partono i mercati ribassisti. Lo S&P ha realizzato di misura un nuovo massimo storico, con volumi insignificanti, e in assenza di conferme tecniche. Il sentiment degli investitori rimane benigno, con le società sui massimi annuali che calano ad ogni spinta verso l’alto. Il “debito a margine” è sui massimi, sia in termini assoluti, che in proporzione al PIL. Le small cap restano sotto pressione, con il Russell 2000 che denuncia un passivo superiore al 10% dai massimi.
Le valutazioni di mercato sono su livelli non inferiori a quelli raggiunti nel 1929, nel 2000 e nel 2007, con il Quantitative Easing progressivamente ridimensionato, e destinato ad esaurirsi ad ottobre. I dati macro nel frattempo evidenziano sempre più un persistente rallentamento, pur dopo la stagione fredda, e questo ancora una volta ridimensiona le speranze di intensificazione della crescita che restano tali dopo tre anni. Anche l’Eurozona sembra intrappolata in un contesto di bassa crescita, con il PIL del primo trimestre cresciuto di appena lo 0.2%. La Cina, nel frattempo, si barcamena fra il raffreddamento in essere dell’economia e del boom del credito, e il cambio di paradigma di crescita, con una maggiore enfasi sui consumi in luogo delle esportazioni.
Malgrado questi problemi, molti investitori rifiutano la realtà, confidando nel comprare azioni sulle correzioni, anticipando un rafforzamento della ripresa economica e in un ispessimento dei profitti aziendali. È tipico dei massimi di mercato, che impiegano del tempo per formarsi. Di solito i bear market attraversano tre stadi: negazione, preoccupazione e capitolazione. La prima fase si registra durante un calo consistente dal precedente massimo di mercato: durante questa fase gli investitori conservano un’attitudine rialzista, avendo visto il mercato sistematicamente rimbalzare sui supporti in occasione delle precedenti correzioni.
Il ribasso continua ad essere visto come opportunità, e i fondamentali sono percepiti come buoni, con le cattive notizie che vengono ignorate. In questi frangenti il mercato rimbalza, ma di solito con bassi volumi e con una scarsa partecipazione delle società quotate. Di solito, si ferma ben prima del precedente massimo, prima di incominciare una nuova gamba ribassista, che conduce a nuovi minimi. Durante questa fase le notizie si fanno sempre più brutte e gli investitori realizzano che il massimo è ormai definito. È la fase della preoccupazione: molti vendono, ma moltissimi tengono, nella speranza che il peggio sia passato e che un minimo sia imminente. Ad un certo punto il mercato rimbalza, alimentando in alcuni la speranza che sia partito un nuovo bull market. Ma anche questo tentativo naufraga.
A questo punto la maggioranza diventa ribassista e molla la presa, temendo ulteriori ribassi e l’azzeramento dei propri investimenti. È la fase della capitolazione, durante la quale le azioni sono vendute al meglio, e l’emotività prevale sulla razionalità. È solo a questo punto che il mercato è pronto finalmente per raggiungere un minimo definitivo.
Ovviamente, questa è soltanto una generalizzazione sintetica, basata sull’esperienza storica, e non è detto che tutto si sviluppi fedelmente secondo queste linee. Tuttavia, essa rappresenta una traccia di ciò che ci dovremmo aspettare. Il mercato è attualmente ancora nella fase della negazione, con gli investitori che mantengono l’impostazione rialzista. Il sondaggio di Investors Intelligence mostra un 55% di rialzisti a fronte del 19% di ribassisti: un dato sostanzialmente immutato da tre mesi. Molti credono che davvero la crescita economica possa accelerare, e che il mercato sia addirittura conveniente.
Io non sono d’accordo. A mio avviso l’economia continuerà a crescere ad un ritmo tiepido, con la borsa significativamente sopravvalutata. I massimi richiedono del tempo per svilupparsi, e stiamo proprio attraversando quella fase. Il rischio verso il basso rimane persistente.