Confrontiamo utili operativi e utili effettivi (II Parte)

- 09/06/2016
Alla luce degli utili ufficialmente riportati negli ultimi dodici mesi, e a fronte di una quotazione dello S&P500 a 2100 punti, otteniamo che il mercato quota a circa 24 volte i profitti. Per dirla in altri termini, se aveste un’azienda che realizza profitti annuali per 100.000 dollari all’anno al netto delle tasse, e un giorno arrivasse qualcuno che ve ne offre 2.4 milioni per rilevarla, non vi affrettereste a venderla? Certo, si tratterebbe di una scelta personale sofferta; ma, storicamente, un multiplo così elevato è molto elevato.
Ecco alcuni dati interessanti, sempre dal sito di Standard&Poor’s. Alla fine del 1988 l’indice quotava 278 punti, e il P/E era pari a 11.69 volte. Lo S&P500 decollò fino a 306 punti nel Q3 1990, e il P/E salì a 14.08 volte. È un multiplo che ragionevolmente può essere considerato conveniente, specie se il mercato manifesta enormi potenzialità.
Andiamo avanti, e giungiamo alla fine degli anni Novanta, quando il mercato arrivò a quotare attorno a 30 volte gli utili: i livelli più elevati mai sperimentati. E quando scoppiò la bolla immobiliare, il P/E si attestava a 22.19 volte: lo S&P sarebbe sceso da 1527 a 1166 punti, e ciò malgrado il P/E si sarebbe ulteriormente impennato fino a 25.38 volte!
Il punto è che siamo comunque su livelli osceni, e sebbene non si possa prevedere quando questa situazione verrà meno, la storia suggerisce che il potenziale rialzista è ben poca cosa, rispetto al potenziale ribassista. La storia suggerirà che questo è il momento per vendere azioni.
Sempre la storia, offre diversi esempi in cui è stata proposta una argomentazione del tipo “questa volta è diverso”. Il diverso questa volta sarebbe rappresentato dall’economia che finalmente spicca il volo dopo il “capolavoro” realizzato dalla Fed nel traghettare l’economia fuori dalla crisi (una crisi iniziata otto anni fa!). In altre parole staremmo finalmente per uscire da un contesto di bassa crescita ed elevate valutazioni. Siamo ben consapevoli che questa è la speranza, più che l’argomentazione, dei Tori, e la Fed ha fatto la sua parte per neutralizzare gli effetti disastrosi della recessione indotta dallo scoppio della bolla immobiliare. Ma nel tenere per otto anni il piede sul pedale dello stimolo monetario non ha fatto altro che gonfiare la ricchezza e aumentare a dismisura le disparità. Crediamo che neanche questa volta sarà “diverso”, e che a tempo debito la bolla delle banche centrali deflagrerà.