Pianeta America
Il bear market del bravo investitore

Un mantra dell'ultimo quarto di secolo è stato: investi il 60% in azioni, il 40% in titoli di Stato. Perché quando le pulsioni deflazionistiche faranno scendere la borsa, al contempo faranno salire il mercato obbligazionario. E quando i tassi di interesse saliranno, be', pazienza: perché sarà sintomo di salute economica che farà crescere anche i listini dei mercati di rischio.
Questo schema comportamentale ha funzionato egregiamente fino a quando l'inflazione è rimasta sotto l'obiettivo del 2.0% vanamente perseguito negli ultimi due lustri dalle banche centrali più avanzate: perché la correlazione positiva inaugurata sul finire degli anni Novanta fra azioni e rendimenti obbligazionari, ha prodotto rendimenti di portafoglio paragonabili a quelli ottenibili investendo in azioni; con una volatilità complessiva però di gran lunga inferiore.
Il posizionamento stabile dei tassi di crescita dei prezzi al consumo sopra il 2.0% ha fatto saltare questo schema a cui una generazione di investitori era avezza: l'aumento dell'inflazione ha provocato una crescita dei tassi di interesse, che hanno generato una insostenibile compressione dei multipli di mercato e dunque, in ultima analisi, del mercato azionario. La famosa tempesta perfetta.

Dall'inizio dell'anno a ieri, una combinazione del tipo prospettato (60% S&P500, 40% Treasury di durata superiore ai vent'anni) ha generato a ieri una perdita complessiva superiore al 20%. Un vero e proprio bear market del portafoglio fino a sei mesi modello. Tanti sono i mesi che ci separano da quella rottura scellerata della trendline che connetteva tutti i minimi crescenti del nostro Benchmark Basket Index.
Il timore di molti è che l'incapacità di piegare stabilmente la crescita dei prezzi al consumo possa rafforzare questa relazione tossica fra le due asset class principali a disposizione degli investitori, nuocendo ad un paradigma operativo che nelle varie versioni propugnate ha escluso finora alternative operative.
Nel momento in cui scriviamo il BBI perde sensibilmente terreno, e procede verso il minimo di fine ottobre 2020 da cui è partita la più recente gamba di rialzo. Ora virtualmente integralmente ritracciata. Sotto sulla carta non ci sono livelli di riferimento prima del bottom di marzo di due anni fa.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...