Pianeta America
Il Toro non teme il Risk Index

«Deve essere stato bello, cavalcare il bull market per tutti questi quattro anni e mezzo!»
Mica vero: la vita di un Toro, prodiga di soddisfazioni da quando Wall Street ha segnato il minimo a marzo 2009, è costellata di limiti di velocità, di trappole, di cunette e fuor di metafora di dubbi e incertezze ogni giorno. Se da un lato ad aprile 2009 sono scattati segnali di inversione di tendenza di lungo periodo, mai negati successivamente; è altresì vero che nel frattempo non sono mancati elementi – invero, spesso esogeni al mercato – che hanno ridotto il sonno a chi pur godeva di una posizione privilegiata sul mercato.
Così, ad un certo punto è sorta l’esigenza di comprendere se la situazione presentasse somiglianze con precedenti poco fausti. Il riferimento ovvio è al 2007. Ogni Toro ha bene in mente quel periodo, e cerca analogie che possano suggerire un esito altrettanto infausto. L’attenzione si è basata su tre aspetti:

- la volatilità;
- l’andamento del settore bancario;
- l’andamento degli spread creditizi.
Insomma: tutti sappiamo che il VIX è sceso ai livelli più bassi dal 2007; ma è un’informazione parziale, perché in verità quei livelli infimi furono raggiunti tre anni prima del massimo. Lo S&P conseguì il massimo ad ottobre di sei anni fa, ma il settore bancario, appesantito dalle minusvalenze sui MBS, il suo picco lo raggiunse molto prima. E le aziende andarono in sofferenza ben prima che si raggiungesse il massimo storico, peraltro migliorato quest’anno (senza la fanfara: siamo pur sempre in austerity).
Così, abbiamo costruito un indicatore che sintetizzasse questi batteria di anticipatori di rischio. Con un difetto di fantasia che poco ci onora, l’abbiamo battezzato Risk Index.

Il Risk Index dunque sintetizza l’andamento di: VIX, del Philadelphia Banking Index (BKX) e dello spread fra l’indice Merrill Lynch delle obbligazioni ad alto rendimento, e lo yield dei titoli di Stato USA a 10 anni.
In linea di principio, ci dovremmo  aspettare che questo indice di rischio raggiunga un culmine (ben) prima del massimo di mercato. Quando l’indice raggiunge il massimo, il VIX dovrebbe risultare già crescente rispetto al suo minimo, le banche dovrebbero trovarsi già in relativa sofferenza, ed infine gli spread sui corporate bond dovrebbero già dilatarsi da tempo.
È quanto occorso nel 2007: il Risk Index raggiunse un massimo a febbraio, ben otto mesi prima del picco dello S&P. Quando Wall Street svoltò verso il basso, il Risk Index era già in “bear market”, per così dire.
Nulla di ciò accade in questo momento: il massimo di inizio agosto sullo S&P è stato imitato da analogo massimo su questo fronte, e non si scorgono divergenze degne di nota. Nel 2007 in più di un’occasione lo S&P vantava una robusta performance (maggiore del 7%) nell’arco di sei mesi, laddove al contempo il Risk Index denunciava un arretramento speculare nel medesimo arco di tempo. Le linee verticali testimoniano i casi in cui la divergenza, formalizzata in questi termini, si è manifestata: sono stati registrati diversi episodi di questo genere, prima del famoso massimo di ottobre 2007.
Nulla di tutto ciò è occorso fino ad ora: il deterioramento a livello intermarket che tipicamente si manifesta prima dei massimi, non si è ancora concretizzato. Il che non esclude eventi spiacevoli, o il rischio di commettere errori di sottovalutazione; ma ci sembra che la probabilità di un severo ribasso, allo stato attuale, sia superiore allo zero ma lontana dal 100%.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...