Pianeta America
L’economia è troppo debole per rinunciare al QE

A mio avviso le borse si sono spinte troppo in avanti nel prezzare una riduzione dell’ammontare di titoli acquistati dalla Fed nell’ambito del suo programma di espansione quantitative. Gli investitori ritengono che l’economia cresca ad un ritmo robusto, e hanno enfatizzato le risposte di Bernanke in conferenza stampa, ritenendo che la Fed ridurrà il QE nei mesi a venire. Il risultato è stato un calo improvviso delle quotazioni azionarie, e un balzo dei rendimenti dei titoli di stato. L’aspetto che invece più ci ha colpiti, è stata l’affermazione secondo cui la riduzione avrà luogo non prima di un miglioramento dell’economia «effettivo e sostenuto». Il problema è rappresentato dal fatto che ciò risulta alquanto improbabile, dal momento che la crescita economica, lungi dall’accelerare, sta rallentando verso un tasso di crescita annuale del 2%; se non meno.
Anche il tasso di inflazione si sta raffreddando: un’altra buona ragione per non rimuovere lo stimolo del QE. L’indicatore preferito della Fed, il PCE Deflator, è salito di appena l’1.1% rispetto ad un anno fa. Oltretutto non crediamo che Bernanke pensi ad una manovra drastica come un rincaro di 50 punti base, e farà qualcosa per correggere il tiro in occasione della conferenza stampa della prossima settimana, che segue di solito le riunioni ordinarie del FOMC. Questo sulla scia della consuetudine in essere qualche tempo, di rivedere le argomentazioni se precedentemente hanno prodotto degli effetti non graditi.

Il problema è che la borsa non sarà aiutata in alcun modo da indicazioni secondo cui la Fed non procederà anticipatamente a rimuovere gli stimoli, come gli investitori sono stati indotti a credere. Non solo l’economia rimane fragile, ma la ripresa globale perde colpi. La Banca Mondiale ha seguito il FMI nel rivedere verso il basso le stime per il 2013. La politica monetaria distensiva in Giappone, così come il rallentamento delle importazioni in Cina, hanno impattato sulle economie degli stati emergenti. I prezzi delle materie prime ad uso industriale sono in ribasso e diverse borse emergenti sono state pesantemente impattate. Anche i cambi emergenti sono stati colpiti dalle vendite, malgrado in alcuni casi i tassi siano stati incrementati.
Per quanto concerne gli Stati Uniti, non si scorge nemmeno in lontananza l’accelerazione del ciclo economico. Sebbene le buste paga di maggio siano state superiori alle aspettative, siamo sempre su livelli inferiori rispetto a quelli di appena sei mesi fa. E le assunzioni languono.
Allo stesso modo, la percepita corposità della spesa per consumi risulta un pensiero benevolo. Lo scorso mese la PCE è scesa dello 0.2% e il reddito disponibile dello 0.1%, con il tasso di risparmio calato al 2.5% del reddito disponibile. Lo scenario rimane poco incoraggiante, tenuto anche conto dell’ISM Index più basso da giugno 2009.

In definitiva, crediamo che la crescita economica rimane troppo stagnante affinché la Fed proceda a ridurre il programma di acquisti, come gli investitori ritengono. Tuttavia, lungi dal rivitalizzare il mercato, ciò porterà a spostare l’attenzione sulla debolezza dell’economia e sui dati di bilancio che conseguentemente sorprenderanno verso il basso a partire dal secondo semestre. Ci sono buone probabilità che il massimo dell’anno sia stato formato.

Presidente della Schaeffer's Investment Research, Inc, e autore di "The Option Advisor", un best seller nel settore delle opzioni, di cui esiste dal 1981 una newsletter omonima. Continua...