La “bolla della banca centrale” (I Parte)

- 11/05/2015
Nel momento in cui scriviamo la borsa americana, rappresentata dallo S&P500 e dal Nasdaq Composite, si attesta in prossimità di nuovi massimi assoluti. Cogliamo l’occasione per ribadire che si tratta di una bolla, diretta conseguenza dell’operato della Federal Reserve. Continuiamo a riferirci a questo bull market come “la bolla della banca centrale”.
Meno di un anno fa, gli analisti stimavano per le compagnie dello S&P una crescita annuale dei profitti operativi del 10% nel primo trimestre di quest’anno. A consuntivo il dato si sta rivelando decisamente inferiore alle attese, e rischia di essere di segno negativo. Secondo una fonte, gli utili sono previsti in contrazione sia nel primo trimestre che nel quarto corrente. Al 1° maggio, il dato tendenziale che tiene conto delle società che hanno già riportato, e di quelle che riporteranno, si attesta al -0.4%. Gli analisti in effetti si aspettano una variazione negativa degli EPS fino al terzo trimestre incluso, sebbene confidino in un rimbalzo nel Q4. Siamo d’accordo sulla prima previsione, in disaccordo sulla seconda. Che si tratti di fattori climatici, dello sciopero nei porti della costa occidentale, o della forza del dollaro, resta il fatto che un calo dei profitti per due trimestri di fila costituisca una “earning recession”. Abbiamo vissuto 13 esperienze simili dal 1945 ad oggi, e tutte tranne tre hanno condotto ad una recessione economica vera e propria. Crediamo che in ultima analisi il tasso di crescita micro non differirà granché da quello macro, dal momento che gli utili aziendali sono una approssimazione dell’andamento dell’economia. A sua volta, la crescita del PIL è condizionata dal debito totale: ottenuto come sommatoria del debito pubblico, di quelle delle aziende e di quello delle famiglie.
Soltanto durante la Grande Depressione degli anni Trenta il debito totale ha superato il 200% del PIL. Questo, ovviamente, fino a metà anni Ottanta, quando questa statistica ha superato ancora una volta questa barriera. Siamo saliti fino uno spaventoso 367% del PIL, prima dello sboom indotto dalla crisi immobiliare, che ha ridotto questo dato al 332% alla fine del 2014. Il livello del debito continua ad essere un freno per la crescita economica, che persisterà fino a quando esso assumerà dimensioni meno ragguardevoli.
Ciò che ha mitigato gli effetti nefasti di questo deleveraging è stato, a nostro parere, la politica monetaria più accomodante di sempre. La Fed si è sbagliata nel favorire la bolla della new economy; si è ripetuta con la bolla immobiliare, ed è di nuovo in errore, ora che induce la bolla della banca centrale. Sta conducendo un esperimento altamente pericoloso: la politica del tasso di interesse zero (ZIRP). Una politica che ne ha gonfiato il bilancio dagli 800 miliardi del 2008 agli attuali 4400 miliardi.