Pianeta America
La bolla delle banche centrali

Come sanno i sottoscrittori di vecchia data del Comstock Capital Value Fund, sul finire degli anni Novanta mettemmo in guardia circa l’approssimarsi dello scoppio di una bolla nel settore tecnologico; e lo stesso facemmo a proposito della bolla immobiliare del 2004-2008. Ammettiamo di essere stati un po’ in anticipo in entrambi i casi, ma ancora una volta ribadiamo la formazione di una nuova bolla: quella delle banche centrali.
Per i nostri clienti è molto doloroso agire con simile anticipo, ma dobbiamo denunciare ciò che vediamo.  Ricorderete che Alan Greenspan denunciò la “esuberanza irrazionale” dei mercati azionario a dicembre 1996. Le borse avvertirono il colpo fino all’inizio dell’anno successivo, prima di imbarcarsi in un rialzo di tre anni. Il Nasdaq raddoppiò dal 1998 al 2000, con il povero Greenspan che fu costretto in seguito a correggere il tiro, dichiarando che «nessuno è in grado di riconoscere una bolla, fino a quando esplode».
La ragione per cui richiamiamo queste due bolle, è perché avvisammo con largo anticipo gli investitori.  E sono tre anni che commentiamo che si sta formando una nuova bolla. Siamo andati flat sulle borse nel 2009, prima di shortare nuovamente quando rimbalzarono del 50%. Non sarà un problema restare negative nella fase finale di questa bolla; aspettandoci una nuova crisi per la terza volta in 14 anni.
Molti investitori hanno trovato conforto nella pubblicazione del dato sull’occupazione nel mese di ottobre: ancora una volta sono stati creati almeno 200 mila posti di lavoro in un mese; per la nona volta consecutiva. Bisogna però riflettere su cosa abbia fatto la Federal Reserve per conseguire questo obiettivo: nel 2008 il QE, nel 2010 il QE2, nel 2012 il QE3, poi ribattezzato “QE infinito”, e in mezzo l’Operation Twist. Il bilancio Fed è passato nel frattempo da 800 miliardi a 4400 miliardi.
È un dato di fatto che malgrado questo stimolo, a cui dovremmo aggiungere gli 800 miliardi di stimoli fiscali, l’economia stia crescendo a meno della metà della media post-bellica successiva alle recessioni. Dal 1983 ogni espansione si rivela sempre più debole: soltanto negli ultimi tre casi il PIL è cresciuto mediamente del 3.6% dopo la recessione del 1991, del 2.8% dopo quella del 2000-2001 e del 2.2% dopo quella del 2008. Questo declino del ritmo di espansione è riconducibile alla continua accumulazione di debito; e non parliamo del rischio di insolvenza dei vari programmi della sanità pubblica, quello della sicurezza sociale e della previdenza. D’altro canto, un’economia che permane debole nonostante questi massicci stimoli, sarà ancora più debole quando la Federal Reserve smantellerà l’espansione del bilancio.
Al contempo, altre banche centrali al mondo stanno cercando di stimolare le rispettive economie come ha fatto la Fed: assecondando la creazione di nuovo debito. Mentre negli Stati Uniti il debito totale si attesta al 330% del PIL, in Europa e in Giappone si attesta rispettivamente al 460 e al 655%. E le economie emergenti non sono immuni da questa grave patologia. Crediamo che fino a quando lo stock di debito non sarà smantellato, la crescita economica sarà inferiore al potenziale. Ciò, unitamente ad un mercato caro sotto tutti i punti di vista, ci mette in guardia circa la possibilità che una terza bolla speculativa scoppi in 14 anni.

Presidente della Schaeffer's Investment Research, Inc, e autore di "The Option Advisor", un best seller nel settore delle opzioni, di cui esiste dal 1981 una newsletter omonima. Continua...