Pianeta America
La bolla delle banche centrali (2 di 3)

La ZIRP ha distorto l’allocazione dei capitali, fornendo abbondante credito a prenditori a prezzi (tassi di interesse) fuori luogo. Allo stesso tempo i risparmiatori sono stati “puniti” con tassi infimi, con il risultato che il risparmio è stato convertito in speculazione. Non pochi si sono guardati intorno, chiedendosi dove mai poter piazzare i propri denari. L’effetto collaterale di questa situazione è stato un mercato azionario più instabile che mai, poiché gli investitori hanno assunto crescenti dosi di rischio, contando sul fatto che la Fed avrebbe tenuto in essere il gioco a tempo indeterminato.
“A tempo indeterminato”: è l’elemento chiave della discussione. Mentre ci accingiamo ad affrontare la tempesta perfetta: quella che abbiamo definito “la bolla delle banche centrali”. A dire il vero è stato necessario attendere parecchio tempo, durante il quale operatori privati e Pubblico hanno tirato a campare: un atteggiamento iniziato negli Stati Uniti e poi diffusosi nel resto del mondo; sviluppato ed emergente. Questi stati ci hanno emulato, seguendo l’esempio della nostra banca centrale e implementando misure di stimolo quantitativo finalizzato a rivitalizzare le rispettive economie. Alla fine, però, soltanto i mercati finanziari ne hanno beneficiato.
In teoria, il QE avrebbe dovuto funzionare in questo modo: lo stimolo monetario avrebbe indotto una rivalutazione delle attività finanziarie; i soggetti detentori di questi asset avrebbero percepito una maggiore ricchezza e avrebbero incominciato a spendere di più. Ciò avrebbe portato l’economia a migliorare, sarebbero stati creati nuovi posti di lavoro, il monte retribuzioni sarebbe aumentato, e tutti ci saremmo trovati meglio. Peccato però che non abbia funzionato: il progresso è stato circoscritto al mercato delle attività: finanziarie e reali.
Come abbiamo rilevato diverse volte, Stati Uniti e resto del mondo attraversano un periodo di deflazione secolare. Ciò è provocato dall’eccesso di indebitamento favorito dai governi, dalle aziende e anche dalle famiglie: una montagna di debito cresciuta fino a diventare il principale ostacolo alla ripresa economica. Soltanto negli Stati Uniti, il debito pubblico ammonta a 19 trilioni di dollari, e supera il 100% del PIL. Se aggiungiamo pure il debito delle famiglie e quello delle imprese, si arriva a 56 trilioni; e non abbiamo incluso le obbligazioni in carico al sistema sanitario e a quello previdenziale.
Se possibile, la situazione è persino peggiore nel resto del mondo. Il debito totale globale è cresciuto negli ultimi vent’anni da 40 a 200 trilioni! Nel frattempo il PIL globale è cresciuto di appena 40 trilioni nel medesimo arco di tempo. Nel frattempo sono emerse criticità sistemiche poco dibattute: come il debito da 130 miliardi di Petrobras, che non sarà mai rimborsato. Per cui, al pari degli Stati Uniti, tutto questa deflazione nel mondo continuerà ad incidere, con le tasse che saranno aumentate, la spesa pubblica che sarà tagliata, le insolvenze che monteranno e gli asset finanziari che si sgonfieranno.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...