Pianeta America
Le fondamenta fragili del bull market

Il rialzo del mercato, che va avanti incessante ormai da più di cinque anni, poggia ora su fondamenta fragili, dipendendo da una Fed che non riesce più a sospingere l’economia, e da un modello di impresa basato sul congelamento delle assunzioni e degli investimenti, allo scopo di mantenere ai massimi livelli i margini di profitto. Non si tratta di un modello di crescita sostenibile, in grado di giustificare le attuali valutazioni, ben superiori alla norma.
La ripresa economica, che sta per raggiungere il quinto anno di anzianità, non ha mai accelerato da un ritmo tiepido. Le famiglie, gravate da elevati livelli di indebitamento e da una crescita stagnante dei profitti, non sono disposti ad assumere ulteriore debito e hanno già ridotto ai minimi termini il tasso di risparmio. La crescita reale del reddito delle famiglie, escludendo plusvalenze di borsa e integrazioni retributive, ma includendo i trasferimenti del governo, è scesa del 4.4% da quando la recessione ha raggiunto un minimo. Con la spesa per consumi che rappresenta il 68% del PIL, lo scenario di una accelerazione della ripresa è da escludersi.
Anche le imprese si sono viste bene dall’aumentare le spese. Secondo S&P Capital IQ, la spesa in conto capitale delle prime 1500 compagnie dello S&P è salita in media soltanto dello 0.8% annuale negli ultimi cinque anni. Le imprese si sono mostrate riluttanti anche ad assumere: negli ultimi tre anni la variazione annuale dell’occupazione ha oscillato fra l’1.59 e l’1.88%, senza mai fornire l’impressione di rompere verso l’alto. Nelle precedenti riprese post-belliche, era tipico assistere ad un’espansione degli occupati del 3-5%, a quest’ora.
Contenere i costi evitando di assumere e di sostenere nuovi investimento ha consentito ai profitti aziendali di decollare in questi anni. Inoltre, le imprese hanno impiegato la liquidità per comprare le proprie azioni e per erogare dividendi. Tutto ciò ha spinto i profitti aziendali all’11.1% del PIL, rispetto al 4.6% del III trimestre 2008 e ad una media del 5.4% durante gli anni Novanta. La media di lungo periodo si attesta al 6%, dal 1955 al 2000. È scontato aspettarsi un ritorno verso i valori medi storici.
Il bull market è un castello di carte. Ne’ le famiglie, ne’ le imprese spendono abbastanza da generare il reddito necessario per sostenere l’economia. Da che mondo è mondo, il paese si sviluppa costruendo impianti, sviluppando nuovi prodotti e aggiornando le infrastrutture. Nulla di tutto ciò si registra ai giorni nostri, mentre il livello di utili e di margini di profitto è alle stelle.
A fronte di questo contesto, è ridicolo come gli investitori puntino il dito contro le recenti affermazioni della Yellen. Sono sempre dell’avviso che le attuali valutazioni di mercato siano irrazionali e che la borsa prima o poi scenderà, come ha fatto nel 2000 e nel 2007.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...