Liquidità prosciugata, ma non è una cosa seria

- 10/03/2021
Secondo la ICI, l'equivalente americana della nostra Assogestioni, alla fine di gennaio i fondi comuni azionari americani detenevano liquidità per non più del 2% delle masse amministrate. Una proporzione esigua, quasi estrema: con il record di prosciugamento di mezzi, conseguito a dicembre: quando la liquidità fu pari all'1.9% del patrimonio gestito.
I fondi dunque sono pienamente investiti, e questo fa sorgere in molti il sospetto di una sovraesposizione che possa rivelarsi fatale. Il dato però va esaminato alla luce tanto della spietata concorrenza degli ETF ed in generale dei fondi passivi, che investono pressoché il 100% del patrimonio (ed in questo contesto lasciare risorse non investire può fare la differenza fra avvicinare il benchmark e rinunciare alla carriera); quanto del livello dei tassi di interesse: perché un conto è rimanere liquidi quando i rendimenti del mercato obbligazionario si collocano al 6%, cosa diversa è farlo quando sono poco più che positivi.
Il modello qui in alto combina le informazioni discusse. Il confronto fra rendimenti obbligazionari e liquidità mediamente accantonata dai fondi comuni azionari americani, esprimeva letture preoccupanti ad inizio 2000 e a metà 2007.
Nulla di simile si registra in questo momento, con l'indicatore che soltanto ora fuoriesce da una zona estrema, ma specularmente opposta. Siamo insomma reduci da livelli che in passato hanno suggerito l'opportunità di andare lunghi sul mercato azionario; non certo di vendere. Magari questa volta sarà differente, ma il corrente livello dei tassi di interesse ridimensiona pesantemente le implicazioni teoricamente sfavorevoli di una liquidità accantonata ridotta storicamente all'osso.