Pianeta America
Lo shutdown non è l’unica preoccupazione

La borsa si muove su un terreno scivoloso anche senza considerare gli effetti dello shutdown del governo e la prospettiva di raggiungere il tetto del debito federale. I motivi includono come sempre una certa sopravvalutazione, un momentum in raffreddamento, un sentiment esuberante, un’economia che continua a deludere e stime calanti di profitto.
Nel commento della scorsa settimana ho dimostrato come il P/E si collochi ai massimi del range che ha preceduto il 2000. Lo stesso dicasi per il rapporto fra capitalizzazione e vendite, per il Price to Cash Flow e per il rapporto fra mercato e PIL. Sebbene le valutazioni non siano un indicatore di timing tempestivo, diventa un fattore chiave quando combinato con altri indicatori che suggeriscono che il mercato è sui massimi.
La condizione tecnica del mercato si è vistosamente deteriorata negli ultimi mesi. Il momentum si è raffreddato, con la quotazione di oggi allineata a quella massima del 22 maggio. Ma allora il numero di nuovi massimi sul NYSE si attestava a 800 unità, mentre quando lo S&P ha realizzato il nuovo massimo storico a 1729 punti a settembre, il dato è calato a 300 unità, suggerendo che un crescente numero di azioni non ha partecipato al rally. Da notare anche come a maggio, il 90% delle azioni quotava sopra la media a 50 giorni, rispetto al 79% di settembre. Malgrado il rallentamento, il sentiment degli investitori rimane compiacente, stando al sondaggio di Investors Intelligence, che rileva soltanto il 19% di ribassisti.
Anche la crescita economica resta deludente e non sembra in grado di mantenere un ritmo sufficiente, a fronte di stimoli che vanno rapidamente riducendosi, quantomeno nell’impatto effettivo. La crescita reale della spesa per consumi, su base annuale, si colloca ancora al 2%, dove si trova da diverso tempo. Ma questo dato è stato conseguito con una crescita annuale del reddito disponibile di appena lo 0.8%, con le famiglie che hanno attinto al risparmio per mantenere il loro tenore di vita.
Inoltre, il settore edile-immobiliare sta iniziando a svoltare verso il basso in conseguenza di una fiammata del tasso sui mutui prodotto dalle indicazioni della Fed circa un imminente esaurimento (tapering) degli stimoli monetari. L’accensione di nuovi mutui è sui minimi dell’anno. Il PIL è cresciuto di appena l’1.6% dal secondo trimestre 2012 al secondo trimestre 2013, e Moody’s stima un PIL nel Q3 in crescita di appena l’1.3%.
Anche gli utili aziendali sembrano perdere impeto. Factset stima che l’82% delle compagnie che hanno fornito un orientamento futuro hanno ridotto gli utili attesi: è il dato più alto dal 2006. Secondo Thomson Reuters, negli ultimi due trimestri le società hanno ridotto la guidance sui profitti al ritmo più corposo dal 2001. E crediamo che questa tendenza permarrà, con gli utili stimati ancora troppo alti.
Tutto ciò prescinde dallo shutdown del governo e dalle incertezze legate al raggiungimento del tetto del debito, che possono soltanto peggiorare le cose. La sopravvalutazione, la compiacenza e un sentiment benigno suggeriscono che il mercato non è preparato a cattive sorprese. D’altro canto, una evoluzione favorevole non è detto che sia una grossa sorpresa dal momento che è proprio ciò su cui gli investitori contano. L’impressione è che la massa ritenga che i politici siano troppo razionali per pensare veramente quello che minacciano di fare. Ma Wall Street non capisce Washington. E comunque, se il buon senso dovesse prevalere, ci sono in agguato altri fattori in grado di far deragliare il mercato.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...