Molti indizi puntano nella direzione di un ribasso di mercato

- 22/11/2013
Eviteremmo di entrare nella disputa, in voga a Wall Street, se la borsa sia o meno in una bolla. Dopotutto, è questione di definizioni, e comunque la si metta, il mercato è sopravvalutato, in ipercomprato, e cresciuto a fronte di un’economia che langue; e dipende dalla persistenza degli stimoli monetari della Fed.
Non è detto che il mercato debba trovarsi in una bolla per scendere. Di tutti i ribassi sperimentati dal 1929 in poi, soltanto nel 2000 e nel 2007 Wall Street era indiscutibilmente in una bolla. Tutti gli altri massimi di mercato sono stati registrati con un P/E compreso fra 18 e 21 volte gli utili riportati; rispetto ad una media storica pari a 15 volte in media, e a rilevazioni comprese fra 7 e 10 volte sui minimi di mercato. Sulla base dell’attuale chiusura di mercato il P/E si attesta a 20.6 volte: abbastanza per chiamare un potenziale massimo di mercato.
Il mercato si sta muovendo nervosamente, sulla base della mutevole percezione circa il tapering dello stimolo quantitativo della Fed. L’altro ieri, il mercato è piombato dopo il rilascio delle minute della Fed che indicavano che un certo numero di membri del FOMC ritenevano che il tapering dovesse avvenire prima che diventa evidente un definitivo miglioramento dell’economia. Prima d’ora, molti investitori hanno assunto che un ridimensionamento del QE sarebbe avvenuto soltanto dopo un decollo dell’economia; l’idea che il tapering si avvii in assenza di un reale miglioramento delle condizioni macro è troppo da sopportare, almeno nel breve periodo.
Ieri, tuttavia, quando è stato reso noto il sondaggio della Fed di Philadelphia, risultato molto più debole delle aspettative, i rendimenti sui titoli a 10 anni sono precipitati, e la borsa è schizzata sulla base della convinzione che probabilmente il tapering sarà ancora una volta rimandato. Questa è la condizione del mercato: tutto è riconducibile al QE, e poco o nulla altro importa. Il parallelo rispetto al 2000 o al 2007 non verte sull’eventualità di trovarci in una bolla; quanto sul fatto che il rialzo poggi su basi poco solide.
La borsa non è sostenuta dai fondamentali. La cosiddetta forza dell’economia si basa su assunzioni; non su dati concreti. Ma le assunzioni si sono rivelate ottimistiche per tutti gli ultimi tre anni, e non vediamo come ciò possa cambiare. Negli ultimi dodici mesi il PIL è cresciuto dell’1.6%. Allo stesso modo, la spesa per consumi è salita dell’1.8%, e i redditi disponibili in termini reali dell’1.6%; malgrado i massicci stimoli monetari. Con il rimbalzo del tasso sui mutui, anche il settore edile sta per indebolirsi. La vendita di case esistenti ad ottobre è calata del 3%.
Anche l’analisi tecnica suggerisce che il mercato possa essere vulnerabile. L’ampiezza si va restringendo e non conferma i recenti massimi. Il numero di azioni sui massimi annuali ha toccato un picco a maggio e da allora punta verso il basso. Le azioni più scottanti sono state penalizzate negli ultimi giorni. Investors Intelligence fa registrare un 54% di Tori e il 16% di Orsi, indicando così una vistosa incertezza. Secondo Vanguard gli investitori sono esposti in borsa per il 57% del portafoglio: un dato superato negli ultimi vent’anni soltanto a fine anni Novanta e nel 2007. Un ribasso a questo punto non dovrebbe essere molto lontano.