Perché gli investitori non sono preoccupati?

- 01/03/2013
Per motivi inspiegabili, il mercato sembra ignorare il “sequestro” che entrerà in vigore stasera, con l’economia che ne risulterà pesantemente impattata. Secondo le stime il PIL si ridurrà dello 0.6%, con la perdita di almeno 750 mila posti di lavoro, se non di più. Anche se si dovesse raggiungere un accordo per evitare il “sequestro”, un conseguente aumento di imposte, o taglio di altre spese pubbliche da parte del governo, impatterebbe negativamente sulla crescita economica.
Per l’intero 2013, il consenso raccolto da CNBC parla di un PIL in crescita compresa fra il 2.1 e il 2.9%. L’economia è cresciuta dell’1.8% nel 2011 e del 2.2% nel 2012; nel quarto trimestre dello scorso anno in particolare è cresciuta appena dello 0.1%. Per cui la generalità si aspetta un’economia di gran lunga più tonica quest’anno: una previsione da prendere con le pinze, dal momento che le stime ufficiali si sono sempre rivelate superiori al previsto negli ultimi tre anni.
Abbiamo già spiegato in passato che ci sono soltanto quattro modi per incidere sull’economia: i consumi delle famiglie, gli investimenti delle imprese, l’interscambio commerciale con l’estero e la spesa pubblica. L’incremento effettivo delle imposte a gennaio, assieme all’aumento della benzina, avranno un impatto significativo sulla spesa per consumi. Inoltre, le imprese continuano ad impiegare la liquidità a disposizione per comprare azioni proprie, evitando di porre in essere nuovi investimenti. La bilancia commerciale è migliorata, ma è un fattore relativamente trascurabile. E la spesa pubblica dovrà ridursi, in previsione del dibattito sul debito federale previsto per maggio.
Si capisce che la borsa è tenuta in piedi dalle manipolazioni della Federal Reserve, che interviene sulla parte lunga della curva dei rendimenti. Questa settimana il governatore Bernanke ha testimoniato davanti al Congresso, difendendo il QE malgrado alcuni mal di pancia in seno al direttorio. Ma tutte le rassicurazioni sono efficaci soltanto se effettivamente stimolano l’economia.
Se invece continuiamo ad aumentare le imposte, i consumi saranno impattati negativamente, e se tagliamo la spesa per consumi, essa frenerà il PIL. Dal momento che abbiamo già tagliato 2500 miliardi dal bilancio federale, con la possibilità di arrivare fino a 4 trilioni di dollari, l’impatto sull’economia sarà considerevole. Una prova se ne è avuta con il taglio della spesa per la difesa del 22%, che ha inciso pesantemente sul PIL dello scorso quarto trimestre. Tutto ciò non fa che aumentare le probabilità di una recessione; anche severa. Alla luce del rialzo del mercato in questi primi due mesi dell’anno, ci chiediamo perché gli investitori non risultino preoccupati.