Pianeta America
Perché scendono i tassi di interesse?

Si dibatte sul motivo per cui tassi in Europa e Stati Uniti siano scesi così tanto quest’anno. Nel frattempo la BCE di Draghi ha annunciato l’adozione di una serie di politiche reflazionistiche, che si spera rovescino la deflazione imperante in tutta Europa. Questo fenomeno è cagionato dal collasso del debito nel sistema, che ha indotto una contrazione del credito e una riduzione della spesa. Si tratta di una riedizione della depressione sperimentata in Giappone a partire dal 1990.
Alcuni sostengono che il calo dei tassi di interesse riflette il rallentamento delle economie negli ultimi trimestri, ma io penso che la ragione principale sia la tendenza deflazionistica: negli Stati Uniti l’indice dei prezzi al consumo sale dell’1.6%, mentre in Europa si attesta allo 0.5%. In USA l’offerta di moneta è cresciuta del 6% nell’ultimo anno, mentre in Europa è salita di appena lo 0.8%. Negli Stati Uniti i Treasury rendono il 2.6% mentre ad esempio in Francia il rendimento a 10 anni si attesta all’1.7%, al 2.8% in Italia, al 2.6% in Spagna e all’1.4% in Germania.
Le politiche antideflazionistiche annunciate da Mario Draghi sono rappresentate da un taglio allo 0.1% del tasso principale di rifinanziamento, e di un saggio negativo sulle riserve che le banche detengono presso Francoforte. Ulteriori misure saranno adottate per fornire le banche con mezzi finanziari a basso costo, onde consentire loro di fornire credito. Si auspica che tali provvedimenti faranno rientrare la differenza di trattamento che riguarda le piccole e medie imprese, che pagano tassi di interesse spesso pari al doppio rispetto a quelli riconosciuti alle grandi imprese.
Per quanto la BCE si stia impegnando, questo è niente in confronto alle misure adottate dalla Fed e dalla Bank of Japan; per quanto le stesse si trovino ora in imbarazzo nello smantellare un bilancio cresciuto dagli 800 miliardi di appena 5 anni fa, agli attuali 4.3 trilioni di dollari.
Oltretutto, in passato ogni volta che un programma di QE è stato smantellato, il mercato azionario ha reagito negativamente. Se i piani saranno rispettati, sul finire di quest’anno si esaurirà il programma di acquisti di titoli governativi e di mortgage backed securities da parte della Fed. Ma è forte il sospetto che la banca centrale troverà l’economia debole, in prossimità della fine del tapering, per ravvisare l’opportunità di tornare a comprare bond. In ogni caso, la signora Yellen farà i conti con un gigantesco bilancio da ridimensionare; e giusto ieri esponenti della Federal Reserve si dichiaravano preoccupati a proposito dei titoli di Stato da vendere.
La Banca Mondiale nel frattempo ha tagliato le stime di crescita per quest’anno dal 3.2% di gennaio all’attuale +2.8%; per gli Stati Uniti si passa dal +2.8 al +2.1%. Ma un altro problema per i Tori è rappresentato dall’ultimo sondaggio di Investors Intelligence, che indica una 62.2% di rialzisti. I massimi di agosto 1987 (60.8%), di ottobre 2007 (62.0%) e di dicembre 2004 (62.9%) videro questa percentuale spingersi sopra il 60%, come oggi; prima che il mercato avviasse delle importanti correzioni.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...