Quando un giorno finirà la festa... (I Parte)

- 10/01/2017
Gli ultimi otto anni hanno fornito un contesto ambientale eccezionale per il mercato azionario, per quello obbligazionario e immobiliare, grazie alla massiccia espansione del bilancio della Federal Reserve, con collegato azzeramento dei tassi di interesse. In questi otto anni il pubblico ha appreso concetti come il Quantitative Easing, mentre la Fed percorreva territori inesplorati. Alla fine, quello che è stato presentato come un programma di emergenza per salvare gli Stati Uniti e il mondo dalla crisi finanziaria, si è trasformato in un tentativo a lunga scadenza di stimolare la crescita mediante il gonfiamento dei prezzi delle attività finanziarie; sulla base della teoria secondo cui chi si arricchisce è propenso ad aumentare gli acquisti, stimolando l’economia. Va riconosciuto che la Fed ha tirato da sola la carretta, poiché i limiti all’espansione del bilancio federale hanno contenuto la possibilità del governo di espandere la spesa pubblica in deficit.
Più volte, in questi otto anni, i ribassi di mercato sono stati contenuti o rovesciati dalla Fed, che ha agito da “salvatore di ultima istanza” con ulteriori round di QE. L’intervento si è rivelato di volta in volta così massiccio e risolutivo, che altre banche centrali in Asia ed Europa hanno avviato negli anni programmi simili. BCE e BoJ hanno fatto di più: hanno portato i tassi di interesse ufficiali in territorio negativo, con una mossa che si è riflessa su ampie porzioni delle curve dei rendimenti. In Giappone le autorità addirittura hanno ripreso a comprare azioni tramite ETF. Ad un certo punto oltre 12000 miliardi di debito in Europa e Giappone vantava rendimenti negativi e inoltre il governo do Tokyo, tramite il GIFJ (Government Investment Fund of Japan) risulta fra i primi dieci azionisti del mercato azionario nipponico). Non sappiamo quando e se questa tendenza si esaurirà o rovescerà, ma non troviamo sia salutare che un governo interferisca nella domanda e offerta dei mercati, sostituendosi ai capitali privati nella proprietà delle aziende.
Abbiamo discusso più volte di quanto siano patologiche, per usare un eufemismo, le politiche delle banche centrali mondiali. Queste misure distorcono la relazione fra rischio e rendimento, essenziale per l’allocazione efficiente delle risorse. Ciò conduce a cattivi investimenti, mentre quelli doverosi sono trascurati. Tassi di interesse nulli o negativi spingono gli investitori verso forme di investimento più rischiose, che altrimenti non sarebbero state tenute in considerazione. Le stesse società quotate si fanno cogliere da questa frenesia, comprando azioni proprie anziché destinare le risorse all’investimento reale.