Questa volta è diversa dal passato (I Parte)

- 07/11/2016
Da sedici anni discutiamo in tutti i modi l’operato stigmatizzabile delle banche centrali mondiali. Infatti a gennaio un giornalista ci ha contattati, chiedendo cosa ne pensassimo del mercato azionario: gli rispondemmo che l’attesa era per un ribasso massiccio delle quotazioni, alimentato dal rialzo dei tassi di interesse. Al che il giornalista rilevò come ogni volta che la Federal Reserve ha aumentato i tassi di interesse, il mercato ha reagito favorevolmente. Al momento, obiettivamente, ha ragione lui. Ma fra poche settimane la Fed interverrà nuovamente, e poi di nuovo nei mesi successivi, per riparare il danno compiuto; e la situazione si ribalterà.
All’epoca cercammo di persuadere il giornalista che stiamo vivendo in un’epoca completamente differente dal passato, quando la borsa saliva quando la Fed aumentava i tassi, perché ciò implicava che l’economia si stava muovendo bene e che c’erano rischi di surriscaldamento dei prezzi. Oggi veniamo da tre round di allentamento quantitativo e da tassi di interesse prossimi allo zero da otto anni, con la banca centrale americana chiamata a gestire un bilancio passato da 800 a 4500 miliardi di dollari. Questa enorme massa di denaro deve essere ridimensionata. Una simile iniezione di liquidità non ha provocato una bolla inflazionistica perché la velocità di circolazione della moneta è risultata molto contenuta. L’iniezione di liquidità non ha prodotto inflazione perché il denaro non ha raggiunto famiglie e imprese per essere speso. La chiamano “trappola della liquidità”, e in Giappone ci sono intrappolati da 27 anni: il debito generato negli Stati Uniti, al pari del Sol Levante, ha prodotto un ambiente deflazionistico, che impedisce il conseguimento della velocità di fuga.
Questo volta è differente rispetto al passato perché la Fed si accinge ad aumentare i tassi alla fine di una prolungata espansione, e con il settore manifatturiero in affanno. Oltretutto la Fed si accinge ad aumentare i tassi mentre virtualmente tutte le altre banche centrali mondiali si apprestano a fare il contrario. Facile immaginare la reazione del dollaro, che renderà sempre più impegnativo competere contro i nostri partner commerciali e le rispettive esportazioni. Mentre noi rivalutiamo, essi svalutano, onde vendere negli Stati Uniti più beni e servizi.