Questa volta è diversa dal passato (II Parte)

- 10/11/2016
Abbiamo almeno quattro validi motivi per ritenere che un incremento dei tassi condurrà ad un bear market in borsa. Ad inizio anno onestamente pensavamo di essere nel giusto, quando abbiamo visto Wall Street precipitare. Ma alla fine, penso si tratti soltanto di tempo: tempo fino alla fine dell’anno, o all’inizio del prossimo anno.
Il motivo per cui fino ad ora abbiamo fallito è perché da dicembre scorso non ci sono stati più nuovi aumenti dei tassi di interesse. Ricorderete come quasi un anno fa Stanley Fischer predisse ulteriori quattro aumenti del costo del denaro nel corso dell’anno corrente, ma da allora non se ne è fatto più niente. Penso però che il mese prossimo la Fed sarà costretta ad intervenire, e a quel punto la nostra scommessa sarà ripagata.
Negli ultimi tre mesi le autorità monetarie hanno rilasciato numerosi dichiarazioni in cui affermavano che sarebbe pericoloso mantenere i tassi bassi per un prolungato arco di tempo. Ne risentirebbe oltretutto la stabilità finanziaria. Ad un certo punto, mentre la Fed inizierà la manovra restrittiva, altre banche centrali mondiali continueranno l’atteggiamento distensivo, con tassi di interesse nulli se non negativi.
Il nostro debito, come quello di Giappone e del resto del mondo, alla fine ci farà precipitare in una crisi deflazionistica globale. Le probabilità di spuntarla grazie alla reflazione del sistema sono non superiori al 30%, mentre un bear market deflazionistico mondiale ha a nostro avviso una probabilità del 70%. Da ricordare che il debito non è soltanto quello nazionale a 20 trilioni di dollari: bisogna aggiungere anche gli oneri generati dalla previdenza, dalla sanità e da tutte le obbligazioni future; arrivando ad oltre 100 trilioni di dollari!
Le banche centrali di tutto il mondo stanno cercando di puntellare i mercati finanziari. Ma ora che si registrano deflussi record dai fondi di investimento, non sarà rimasto più nessuno a sostenere le quotazioni, con il denaro che converge verso gli ETF, i conti correnti e i materassi. Nessuno compra, mentre potenzialmente si affacciano i venditori. Le vendite degli insider sono ai minimi termini, e le aziende non comprano più le proprie azioni, scoraggiate dall’aumento dei tassi di interesse. Questo bear market può rivelarsi persino più drammatico di quelli del 2000-2002 e del 2007-2009.