Un bull market ormai eccessivamente maturo (I Parte)

- 07/12/2015
Resto dell’idea che il mondo sta accelerando verso un contesto deflazionistico. È il risultato di diversi fattori di cui mi sono occupato ripetutamente nel passato; il più importante dei quali è un livello eccessivo di indebitamento che persiste tutt’oggi.
Nel tentativo di combattere la deflazione, e stimolare l’economia reale, la Federal Reserve ha varato tre programmi di Quantitative Easing (QE), inframezzati dall’Operation Twist. Queste operazioni hanno espanso il bilancio della Fed da 800 miliardi a 4.5 trilioni di dollari. Come parte del programma di stimoli, i tassi di interesse sono stati mantenuti prossimi allo zero per 84 mesi: ciò non solo ha penalizzato i risparmiatori, ma ha spinto molte famiglie a puntare sui complessi mercati finanziari, impiegando denaro che non possono permettersi il lusso di perdere.
L’economia reale, invece, non è stato favorita in alcun modo. Il principale effetti degli stimoli è stata l’inflazione delle attività finanziarie, del settore immobiliare e del mercato dell’arte. Credo che la ZIRP ha reso le borse ancora più vulnerabili del normale.
Come appare evidente dall’ultima rilevazione trimestrale del PIL, l’economia americana continua a crescere ad un ritmo anemico che non si discosta dal 2-2.5%. A livello globale, il PIL è cresciuto da 28 a 78 trilioni negli ultimi dieci anni, mentre il debito è cresciuto da 40 a 225 trilioni di dollari. Non solo questa tendenza è insostenibile, ma è essa stessa il principale motivo per cui persiste questa crisi. Come ulteriore evidenza del rallentamento deflazionistico in cui viviamo, il Bloomberg Commodity Index, calcolato dal 1991 e ampiamente rappresentative del complesso delle materie prime, è scivolato ai minimi dal 1999. Le merci urlano la deflazione e ammoniscono circa la possibilità di una recessione globale.
Europa, Giappone e Cina stanno ora seguendo le orme degli USA con il suo QE. In reazione all’operato delle autorità in Giappone, il mercato ha svalutato lo yen di circa il 60% contro dollaro dal 2012; e ciononostante, l’economia nipponica permane in recessione! i dati sulla crescita cinese restano quantomeno discutibili e l’economia di Pechino ha ammassato anch’essa un enorme ammontare di debito, al punto che la capacità produttiva generata dagli investimenti, supera il potenziale di assorbimento della domanda.