Un effetto indesiderato dell'aumento dei tassi

- 30/09/2021
Il rialzo dei rendimenti del mercato obbligazionario degli ultimi giorni, rilancia il dibattito circa gli effetti di un maggiore costo del denaro: riflesso, secondo alcuni, di un economia in salute, e dunque da salutare con favore; minaccia, secondo altri, perché rilancia l'appetibilità di un investimento, come quello obbligazionario, fino ad ora messo in ombra dalle performance scintillanti del mercato azionario.
La verità, come spesso avviene, sta nel mezzo: fino ad un certo punto l'aumento dei rendimenti nominali collima con il miglioramento delle quotazioni di borsa. Da una certa soglia in avanti, il maggiore costo del denaro comporta una attualizzazione eccessivamente mortificante del flusso di utili atteso in futuro. Certo, dipende dagli utili: un boom degli EPS come quello degli ultimi e dei prossimi dodici mesi, appare ben in grado di digerire qualche punto base di tassi di interesse in più.
Ma quale multiplo si applica a questi utili? qui nasce il problema, perché dal 1981 in avanti abbiamo assistito ad una evidente correlazione inversa fra il rendimento dei titoli governativi (americani, nello specifico), e il Price/Earnings della borsa USA.
Stando così le cose, se mai da qui gli yield governativi dovessero puntare strutturalmente verso l'alto, gli investitori chiederebbero un maggiore premio per il rischio, e di conseguenza il P/E si riorienterebbe verso il basso. Cagionando analoga dinamica allo S&P500, a parità di utili per azione conseguiti.
A quel punto ci vorrebbe un'economia veramente florida per compensare.