Una deflazione globale

- 06/10/2014
Come tutti, siamo convinti che la Fed questo mese esaurirà il programma di acquisti di titoli noto come Quantitative Easing 3 (QE3), e che miri il prossimo anno ad aumentare i tassi di interesse. Il mercato azionario non la prenderà molto bene, e si indebolirà in prospettiva. Naturalmente questo programma, e quelli che l’hanno preceduto, erano finalizzati a stimolare l’economia, ma alla fine hanno indotto il triplicarsi delle quotazioni del mercato azionario dal 2009 ad oggi. Ora che lo stimolo sta terminando, logica suggerirebbe che il mercato azionario ne risenta.
Non dovrebbe essere una previsione discutibile, dal momento che l’esaurimento del primo QE nel 2010 condusse ad una correzione di mercato del 13% in tre mesi; e quando nel 2011 terminò il secondo QE Wall Street cedette il 18% in tre mesi. Ora, si può sospettare che la Fed decida di approvare un nuovo QE che salvi gli investitori, ma dubitiamo che riescano a tirar fuori il coniglio dal cilindro per una quarta volta.
Crediamo ancora di trovarci nel mezzo di una deflazione globale che finirà per la borsa allo stesso modo con cui è terminata in Giappone dopo il massimo prossimo a 40.000 punti a fine 1989. A quel punto era evidente a tutti che il Giappone fosse minacciato dalla deflazione: non è un caso che sarebbe crollato a 7.000 punti negli anni successivi, oscillando da 14 anni fra 7 e 20 mila punti.
La deflazione globale di cui discutiamo qui regolarmente è confermata dai dati resi noti la scorsa settimana: dal rallentamento dell’Europa con un inatteso aumento della disoccupazione in Germania: il PMI tedesco è sceso a 49.9 punti; si tratta della prima contrazione dell’attività manifatturiera in 15 mesi. Il rendimento decennale del Bund è scivolato allo 0.91%, che risulta ben inferiore al 2.38% del Treasury di pari durata. Anche il sentiment sull’economia ha sorpreso verso il basso, con le industrie che tagliano i prezzi e l’inflazione che precipita ai livelli più bassi dal 2008. Sembra che l’Eurozona sia entrata in una nuova recessione, al pari delle economie dell’America Latina e del Giappone. Il debito in Cina continua a crescere: in rapporto al PIL siamo saliti al 217%, mentre le commodity continuano a collassare.
Contrariamente alle assunzioni, il mondo non è affatto in modalità deleveraging, e il rapporto fra debito totale e PIL è salito a nuovi massimi. Allo stesso tempo, crescita economica e inflazione si rivelano inferiori alle attese, mentre le ripresa stenta minacciosamente nelle economie emergenti più fragili.
Il bull market, misurato in termini di S&P500, è stato devastante in questi cinque anni e mezzo, durante il quale siamo saliti del 200%, senza mai sperimentare un bear market, o da tre anni, nemmeno una correzione. Comunque lo si misuri, sembra essere stato eccessivamente prolungato.