Cosa aspettarsi in borsa da qui a dicembre

- 18/11/2015
[Quella che segue è la trascrizione dell'intervista concessa ieri al portale finanziario Trend-Online.com] I mercati azionari hanno reagito con un’ottima tenuta agli attentati terroristici che hanno colpito Parigi. Come valuta questa risposta delle Borse e quali sono le sue attese nel breve?
Questa reazione dimostra ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, che i mercati azionari – come era solito ammonire Charles Dow – scontano tutto; tranne gli «atti di Dio». E il terrorismo è opera degli uomini, che talvolta agiscono in nome del loro dio.
Potrebbe sembrare cinico o irrispettoso ricordarlo, ma le borse raramente sono scese, dopo gli attentati terroristici: New York salì del 4% tre mesi dopo l’11 settembre (mentre scese, e non poco, prima di quella tragedia); e in analoga misura, per tornare in Europa, salì il Footsie inglese dopo l’attentato del 7 luglio 2005. A Madrid l’Ibex non perse terreno, passati tre mesi dall’attentato di Atocha.
Patriottismo finanziario? No, direi sano realismo: i mercati finanziari sono meccanismi complessi, e non ragionano mai secondo la logica umana, ne’ tantomeno secondo quella binaria.
A Piazza Affari il Ftse Mib sta cercando di riportarsi al di sopra di area 22.000 dopo le ultime vendite. Ritiene che dai minimi delle ultime sedute si possa ripartire al rialzo o si aspetta ancora incertezza per il nostro mercato?
Penso che da qui a dicembre prevarrà ancora uno scenario non direzionale. Dall’inizio dell’anno sto seguendo in modo molto proficuo un parallelo in borsa fra il 2015 e il 1983: una annata con cui la Piazza Affari di oggi condivide molti aspetti ciclici e stagionali. Come si può vedere, l’anno corrente (fucsia) ha praticamente aderito all’evoluzione di 32 anni fa (bianco), pur con ragionevoli sbavature in un senso e nell’altro.
Se questo copione fosse rispettato, il tentativo di ripartenza delle ultime ore risulterebbe presto frustrato, a favore di un nuovo ripiegamento che precederebbe il classico rally di fine anno.
È impressionante comunque come questo script suggerisse un massimo in primavera, seguito da una correzione di cui abbiamo replicato durata e profondità. Questo spiega come i mercati seguano dei percorsi difficili da anticipare alla lettera, ma non impossibili da prefigurare con un certo grado di approssimazione.
Come valuta il recente andamento dei prezzi del petrolio che continuano a mantenersi su valori sempre piuttosto bassi? Quali sono le sue attese sul greggio?
Il petrolio è stato decimato dalle vendite. Questa è stato di gran lunga il ribasso più feroce da quando di fatto l’OPEC manipola il mercato delle fonti di energia. Se avessimo replicato le esperienze del 2008 o del 1997-99, a quest’ora il greggio avrebbe dovuto quotare ben più di 50 dollari per barile.
I problemi sussistono dal lato della domanda, con una Cina sempre più orientata verso i servizi e i consumi rispetto agli investimenti che assorbono energia; nonché dell’offerta, con un surplus che conosciamo tutti.
Il problema addizionale, che frena e contiene le ripartenze, è costituito dalla zavorra rappresentata dalla consistente presenza di posizioni speculative.
I fondi hedge sono tuttora lunghi per quasi il 15% delle posizioni in essere sul mercato. Hanno tagliato molto, costretti dal margin call, rispetto alla montagna di posizioni long di metà dello scorso anno; ma sono ancora nettamente lunghi, evidentemente. Nel 2008 il mercato ripartì quando le posizioni nette degli speculatori furono drammaticamente azzerate. Oggi, malgrado il crollo, la componente speculativa non è stata ancora spazzata via.
A livello di quadro intermarket ci sono degli aspetti interessanti da segnalare? A cosa consiglia di guardare in particolare ora?
Sto seguendo con molta attenzione l’andamento delle società di case d’aste, come Sotheby’s (BID). È strano: nonostante le recenti aste milionarie – penso al dipinto del nudo di Modigliani battuto a prezzi stratosferici – “BID” ha perso molte posizioni in borsa, e dista più del 40% rispetto ai massimi dell’ultimo anno.
È un serio campanello d’allarme, perché evidenzia come tutta questa liquidità non c’è, altrimenti il settore del lusso volerebbe, come invece da alcune settimane non fa. Potrei aggiungere che perdite così marcate da parte di Sotheby’s negli anni passati hanno anticipato o una recessione, o un bear market, o una crisi economica o finanziaria; ma lascio al lettore curioso l’approfondimento.