Piazza Affari
Perché l'Europa non batte più Wall Street

Pubblichiamo l'intervista concessa ieri mattina da Gaetano Evangelista, Amministratore Unico di AGE Italia e redattore del 2017 Yearly Outlook; a Davide Pantaleo, redattore del portale finanziario Trend-Online.com. L'intervista spazia su diversi temi: il confronto fra Europa e Wall Street, la sottoperformance in Italia, il Franco svizzero ed infine la relazione fra oro e tassi di interesse.

DOMANDA. A Wall Street i principali indici continuano ad aggiornare i massimi storici, mentre le Borse europee faticano a stare il passo, frenate anche dall’incertezza politica. Cosa si attende nel breve sulle due opposte sponde dell’Atlantico?

RISPOSTA. Le borse europee sono state favorite da un migliore profilo macro, da luglio in poi. Pochi se ne sono accorti, ma con quello più recente sono cinque i trimestri in cui l’Eurozona ha fatto meglio o comunque non peggio degli Stati Uniti, in termini di crescita reale del PIL.
Gli economisti sono rimasti spiazzati da questa vitalità (gli investitori, pure); e si vede: l’indice delle sorprese economiche è salito molto più in Europa, che negli USA. Questo spiega la differenza delle performance: in valuta locale, la differenza fra i due CESI (Citi Economic Surprise Index) ha raggiunto un picco a fine novembre, e ha svoltato verso il basso cinque settimane fa. Questo dato vanta una elevata correlazione con la differenza fra le performance a quattro mesi di Eurostoxx50 e di S&P500.

Le prime delusioni provenienti dal fronte macro (soprattutto in Germania) stanno comprimendo il CESI Differenziale, sacrificando la performance relativa: un mese fa davamo 7 punti a Wall Street, oggi il saldo relativo è negativo.
Temo che la tendenza possa proseguire nei prossimi mesi.

D. A Piazza Affari il Ftse Mib sta provando a mantenersi al di sopra dei recenti minimi in area 18.500, senza riuscire tuttavia ad esprimere grande vitalità rialzista. E’ lecito attendersi un allungo verso area 20.000 nel breve termine?

R. Sì, formalmente è lecito.
Diciamo che Piazza Affari è costretta a salire, per non prefigurare scenari poco confortanti in ottica di lungo periodo. Il supporto poco sotto i 18500 punti rappresentava il target massimo contemplabile dell’onda 4 correttiva, nell’ambito dell’impulso rialzista partito a fine novembre: sotto lo scenario ribassista di lungo periodo prenderebbe il sopravvento.

Il problema, come ho segnalato qui su Trend-Online tre settimane fa, è costituita da questa rocciosa resistenza, che ha contenuto il mercato, e che appare al momento invalicabile.
Diciamo che le probabilità sono lievemente a favore dei Tori, ma la guardia in questo momento deve essere molto alta.

D. Sul fronte valutario si discute molto della possibilità che l’euro converga verso la parità nei confronti dell’euro. Qual è il suo giudizio sul recente andamento di questo cross valutario?

R. Non credo che sia imminente questo scenario. La brutale rivalutazione intervenuta due anni fa, in seguito alla rimozione del peg con l'euro, ha lasciato spazio ad una svalutazione strisciante da parte del franco svizzero, in termini reali effettivi. Come si può notare, il cambio si trova ora allineato al valore d'equilibrio suggerito dal REER. Quando una analoga circostanza si manifestò appunto ad inizio 2015, il cambio schizzò verso l'alto.

Sul piano fondamentale, il cross Eur/Chf risulta correntemente sottovalutato del 6% in termini di parità dei poteri d'acquisto (PPP): dovremmo risalire a 1.13, per ripristinare il fair value.
Viceversa, il cambio Usd/Chf risulta sopravvalutato: dell'8%. Il FV qui si calcola a 0.91. Per cui, sotto il profilo fondamentale, bisognerebbe andare lunghi sul franco svizzero, contro dollaro USA, e non contro euro.

D. Mi potrebbe chiarire la relazione tra prezzo dell'oro, tassi reali, tassi nominali (ovviamente parliamo della curva USA)?

La relazione è molto stringente. Alludo al confronto fra il prezzo dell'oro (in rosso, nel grafico in basso) e i rendimenti reali decennali americani (in nero, scala di destra rovesciata), ottenuti per differenza fra lo yield del T-Note e l'inflazione prezzata quotidianamente dai TIPS.

Ciò vuol dire che i rendimenti reali calano, diminuisce la concorrenza dei bond e aumenta l'appeal di un asset che, non distribuendo cedole, beneficia gli investitori soltanto in conto capitale; se i tassi reali invece aumentano, l'oro risulta penalizzato.

Classe 1971, laurea cum laude in Economia e Commercio con una tesi di laurea sull'analisi tecnica dei titoli di borsa, si interessa da oltre venticinque anni di tecniche di analisi dei mercati finanziari. Continua...