Piazza Affari tiene (ma alcuni investitori sono nervosi)

- 24/02/2017
Gli investitori attenti si sono accorti da alcune settimane di un fenomeno che inizia ad assumere contorni preoccupanti. Piazza Affari, è vero, da un po’ di tempo ha smesso di brillare: colpa dei dati macro, che da dicembre non riescono più a battere le stime di economisti fattisi più esigenti. Il confronto negativo fra release economiche e previsioni degli analisti, sta andando di pari passo con la performance della borsa italiana, come vedremo meglio la prossima settimana.
Sta di fatto che, malgrado tutto, l’indice MIB si collochi tuttora nel primo quintile delle rilevazioni dell’ultimo anno: un anno fa era minacciato il supporto strutturale a 15000 punti, oggi perlomeno non sono accantonate le speranze di aggredire di nuovo la massiccia resistenza a 20000 punti.
Questa raffigurazione tutto sommato rosea della realtà, si scontra con uno scenario ben più cupo, raffigurato dal mercato del credito. Nel momento in cui scriviamo, il livello dei Credit Default Swap (CDS) a cinque anni sulla repubblica italiana, flirta con la soglia dei 200 punti base e si attesta ai livelli più elevati degli ultimi 39 mesi.
Data la correlazione inversa tipicamente esistente fra indice MIB (in nero, scala di destra nel grafico in alto) e CDS (blue, scala di sinistra rovesciata); la preoccupazione è legittima.
Il fenomeno si è accentuata a partire da dicembre: Piazza Affari nel frattempo non ha fatto registrare ripiegamenti significativi, eppure il CDS a 5 anni è schizzato da 150 a 200 pb. Cosa rivela questa divergenza? Hanno ragione gli investitori azionari ad essere fiduciosi, o hanno ragione gli operatori sul mercato del credito ad essere pessimisti?
Per rispondere a questo cruciale enigma, abbiamo ricercato tutti i casi in cui, a fronte di una performance non negativa di Piazza Affari nell’arco di 50 sedute – dieci settimane – il CDS è salito di almeno 40 punti base.
La casistica è limitata e dunque statisticamente insufficiente a consentire comode generalizzazioni. Si nota come, nei due casi più recenti, il setup commentato sia coinciso sostanzialmente con un minimo di mercato: a fine novembre scorso e ad ottobre 2014 questo inconsueto comportamento ha arriso agli investitori sul mercato azionario domestico, con i CDS successivamente ridimensionatisi.
Ad ottobre 2011 e ad inizio 2009, viceversa, si rivelò drammaticamente corretta l’indicazione del mercato del credito, con Piazza Affari che avrebbe perso di lì a breve diverse posizioni.
Uno scenario salomonico, che ben spiega il nervosismo percepibile in borsa: questa settimana, ben quattro volte il rapporto fra opzioni put e opzioni call sull’indice, è risultato superiore a 1.9 volte. Segno che gli investitori istituzionali subodorano il maggior rischio, e corrono a coprire le posizioni lunghe.