Piazza Affari
Schiacciante supremazia dei tori: Ftse Mib verso i top 2015?

Pubblichiamo l'intervista concessa da Gaetano Evangelista, Amministratore Unico di AGE Italia e redattore del Rapporto Giornaliero; a Davide Pantaleo, redattore del portale finanziario Trend-Online.com. L'intervista spazia su diversi temi: l'incredibile vitalità persistente della borsa americana, il ritorno dei volumi - componente "Up Volume" a Piazza Affari e la prospettiva di abbattimento delle resistenze; il presunto ruolo dell'oro come paracaduta dagli eventi avversi, e il declino mondiali dei tassi di interesse, malgrado l'espansione globale prosegua a ritmi confortanti.
 
DOMANDA. I mercati azionari dopo qualche incertezza hanno ripreso tutti la via del rialzo: basti pensare che Wall Street è tornata nuovamente sui massimi storici. Questa fase ascendente  è destinata a proseguire o c’è qualche fattore che potrebbe frenarla?

RISPOSTA. Non c’è niente che riesca a fermare Wall Street: nemmeno la stagionalità tipicamente negativa.
Con un colpo di reni nel finale, lo S&P ha chiuso con un saldo positivo nel mese di agosto, e sta replicando a settembre. Se fra poco più di due settimane dovessimo chiudere sopra i 2472 punti, disporremmo di un raro setup stagionale che ha “chiamato” un quarto trimestre positivo praticamente in tutti i casi sperimentati dal Dopoguerra ad oggi.
Non che la cosa mi sorprenda, a dire la verità. In effetti già disponevamo di analisi a supporto di questa tesi. Ne abbiamo parlato nell’Outlook di metà anno, dove abbiamo esplicitato il target per Wall Street una volta superata la massiccia resistenza a 2500 punti.

D. A Piazza Affari il Ftse Mib ha rotto gli indugi e si sta spingendo su nuovi massimi dell’anno oltre quota 22.000. Prevede ulteriori apprezzamenti nel breve? Quali i livelli da tenere d’occhio?

R. L’indice MIB è alle prese a sua volta con una notevole resistenza fra 22 mila e 22500 punti. È bene sottolineare come oltre questa soglia non vi sarebbe nulla, prima dei massimi del 2015 in area 24000 punti.

L’aspetto confortante è dato dal turnover. Nelle ultime due settimane l’Up Volume in media è stato superiore ai 2/3 degli scambi complessivi di Piazza Affari. Una supremazia dei Tori schiacciante, e beneaugurante: visto che la borsa italiana tende a migliorarsi nelle settimane successive a tale circostanza. Gli ultimi episodi di dicembre e marzo stanno lì a testimoniarlo.

D. Dopo un allungo verso i 1.360 dollari l’oncia l’oro è tornato un po’ sui suoi passi, pur mantenendosi sopra la soglia dei 1.300 dollari. Quali sono le sue previsioni per questa commodity?

R. L’oro è visto come bene rifugio, per cui molti analisti hanno interpretato la vitalità del metallo giallo come sintomo di timori da parte degli investitori per i noti eventi esogeni.
Non è così. Intanto perché, come segnalano i massimi storici di Wall Street, gli operatori sono tutt’altro che intimoriti. E poi perché, se coniughiamo l’esame dell’oro con quello del GCR – il famoso e prezioso gold/copper ratio – ci accorgiamo che la fase di risk off si è interrotta all’inizio di giugno: se è vero che gli investitori comprano oro perché temono il peggio, come mai il GCR negli ultimi tre mesi ha puntato verso il basso?

La verità è che il rialzo dell’oro è il perfetto riflesso della debolezza del dollaro. Se il biglietto verde dovesse trovare un fondo, gli investitori sui preziosi se la darebbero a gambe levate.
I Commercial sono già posizionati: manco a dirlo, pesantemente short.

D. Suppongo che un rally del dollaro potrebbe intervenire soltanto se i tassi di interesse americani smettessero di scendere. A proposito: come giudica la forza dei titoli di Stato globali?

R. Da un lato, è un tema di investimento sul quale puntiamo dall’inizio dell’anno, e in modo particolare da metà 2017. Una scelta inizialmente faticosa, ma poi premiante.
Il vecchio motto “Don’t fight the Fed” si è trasformato in “Don’t fight the central banks”: che dall’inizio dell’anno hanno comprato attività finanziarie – fra cui titoli di Stato – per due trilioni di dollari! Questo spiega il conundrum di borse in crescita, e di tassi di interesse in calo.
La nostra però è una operazione tattica, non strategica. Il declino dei tassi di interesse (americani, in particolare) da inizio anno, è andato in direzione opposta rispetto alla congiuntura americana, ben rappresentata dall’ISM Index.
Questa divergenza non potrà essere sostenuta per troppo tempo, e presto un riallineamento sarà inevitabile: o con un rallentamento dell’espansione economica, o con un rimbalzo dei rendimenti pubblici.
Lo studio che propongo in conclusione, realizzato dalla canadese BCA Research (di cui da anni siamo felici sottoscrittori) chiarisce perfettamente il punto.

Classe 1971, laurea cum laude in Economia e Commercio con una tesi di laurea sull'analisi tecnica dei titoli di borsa, si interessa da oltre venticinque anni di tecniche di analisi dei mercati finanziari. Continua...