La Fed rimanda il tapering. E adesso?

- 24/09/2013
Dopo la decisione a sorpresa del Federal Open Market Committee's (FOMC) di non ridurre (tapering) gli acquisti di titoli obbligazionari, il mercato ha reagito schizzando verso l'alto, probabilmente per le ricoperture di chi ha shortato aspettandosi che il mercato sarebbe sceso. La sorpresa è da considerare fra virgolette, dal momento che molti operatori hanno preferito interpretare erroneamente una parte delle dichiarazioni di giugno, come impegno solenne a procedere a tapering da settembre. Se però si pone l'enfasi sulle frasi "se i dati prossimi" e "sul finire di quest'anno" sono posti nel giusto risalto, un tapering a settembre era tutt'altro che scontato, anche se il consenso era orientato in tal senso.
Questo il comunicato del FOMC di giugno: «se i dati prossimi saranno generalmente in linea con questa previsione, il Comitato al momento ritiene che sarà appropriato ridurre gli acquisti mensili sul finire di quest'anno». Si potrebbe argomentare che non risulta sorprendente che diversi analisti e investitori abbiano reagito al mancato tapering con rabbia e frustrazione. Il che ci ricorda due cose:
1) i fondi hedge, tuttora sottoperformanti, restano sottopesati in borsa, e cercano ansiosamente un livello di ingresso, che speravano potesse essere loro fornito dal tapering della Fed;
2) la reazione degli investitori è esemplare di un comportamento adottato sin dal 2009, quando il mercato è salito anche grazie alla politica monetaria, lasciando però schiere di investitori a guardare, paralizzati, salvo stigmatizzare la Fed.
Con la rinuncia di Larry Summers a correre come governatore della banca centrale americana, e con l'accantonamento dell'attacco militare al regime siriano, sono venute meno tre delle quattro minacce a cui accennavamo una settimana fa. Con la strada spianata a Janet Yellen verso la Fed e con il QE ancora a pieno regime, gli indici hanno raggiunto nuovi massimi storici. La scadenza di future e opzioni sull'indice è stata preceduta la scorsa settimana dalla scadenza delle opzioni sul VIX. Al momento le posizioni aperte in call sono sui livelli minimi registrati a giugno e luglio.
Ci aspettiamo che l'Open Interest cresca nelle prossime settimane, ma il punto è: ciò servirà a rimpiazzare le coperture di portafoglio appena scadute, o a coprire gli investitori che apriranno nuove posizioni al rialzo, dopo la recente rottura rialzista. L'incapacità delle posizioni aperte in call sul VIX di raggiungere i picchi del mese passato è probabilmente un segno che quelli che tendono a coprire le posizioni lunghe hanno ridotto l'esposizione con l'approssimarsi del mese di settembre. Quando ciò è occorso in primavera, seguì una correzione. La differenza rispetto ad allora è che lo S&P era debole allora, mentre stavolta è sui massimi storici. Il che dovrebbe risultare favorevole per gli investitori, dal momento che i gestori hanno ridotto l'esposizione subito prima di un rialzo, e potrebbero agguiungere nuova benzina sul fuoco qualora dovessero ricostruire le posizioni.
I gestori hanno ormai poco più di tre mesi fino alla fine dell'anno per colmare il gap di performance rispetto all'indice. Ciò potrebbe spingere loro a rincorrere il mercato. In effetti il sondaggio settimanale di National Association of Active Investment Managers (NAAIM) indica che questo gruppo ha una esposizione relativamente bassa, ma sta incominciando a cambiare idea, a giudicare dal flesso verso l'alto fatto registrare dalla media a 10 settimane: il che avviene di solito prima di importanti rialzi.
* Todd Salamone per Schaefferresearch.com