Wall Street
Quella divergenza eccezionale fra Energy e petrolio

La debolezza del petrolio è uno degli enigmi che hanno spedito al manicomio frotte di investitori, persuasi che l'instabilità in Medio Oriente avrebbe fatto esplodere i prezzi delle fonti di energia, spedendo le economie in recessione e cagionando un mercato Orso senza precedenti. Per nostra fortuna, non è andata propriamente così.

Anzi, pur con una cospicua produzione dormiente da parte dei paesi produttori, OPEC (Arabia Saudita) e non (USA); il WTI si attesta sui minimi degli ultimi tre anni e mezzo: e l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca sulla carta impone un ridimensiomento della bellicosità iraniana. Addio ai sogni di distruzione dello stato ebraico.

Il settore energetico in borsa non ha certo brillato. Difficile, con una materia prima di riferimento schiacciata da un eccesso di offerta, e da una domanda singhiozzante in Europa e balbettante in Cina.

Ciò non toglie che mentre lo S&P Energy si attesta comunque sui massimi, con l'evidente volontà di sfondare una resistenza in essere da quindici anni, il Crude Oil langue sui minimi.

Questa è soltanto la terza volta che il WTI perde più del 35% in due anni e mezzo, mentre l'Energy nel frattempo non solo non perde; ma guadagna non meno del 10% nel medesimo arco di tempo. I precedenti risalendo a fine 2014 ed a fine 1998.

La risposta non avrebbe potuto essere più radicalmente opposta per gli asset contemplati: in un caso le quotazioni si sono sbriciolate, nell'altro sono esplose verso l'alto.

Certo un campione numericamente infimo per pervenire a conclusioni definitive. Così non fosse, ci sarebbe un 50% di probabilità di sfondamento del settore energetico, e di ripartenza del petrolio; ed un residuo 50% di crollo del fu oro nero, e di inversione di tendenza da parte dell'Energy.

Presidente della Schaeffer's Investment Research, Inc, e autore di "The Option Advisor", un best seller nel settore delle opzioni, di cui esiste dal 1981 una newsletter omonima. Continua...