Un listino tecnologico spaccato a metà

- 05/10/2018
Alzi la mano chi conosce la tecnica di tracciamento del Point&Figure. No, non è una tecnica di ricamo (“punto croce”): si tratta di una antica arte di raffigurazione dei prezzi, riportati su carta soltanto se la variazione di prezzo supera una certa entità. Il vantaggio è di godere di una visualizzazione delle tendenze, libera dal rumore quotidiano che disturba le altre tipologie di grafico.
Cosa c’entra il P&F con la condizione del mercato? Proprio perché possiamo stabilire in modo obiettivo se una determinata azione sia o meno in bull market, allo stesso modo possiamo concludere quante società di un listino, o di un paniere ristretto, vantano analoga condizione.
Il Bullish Percent Index (BPI) misura appunto questa percentuale, con riferimento ad esempio a tutte le società del NYSE, o a quelle facenti parte del paniere dello S&P500, o del Nasdaq 100, o ancora del Nasdaq Composite.
Il dato è abbastanza curioso. A ieri sera, poco più del 50% delle società quotate a Times Square, vantava un grafico rialzista. Il Composite dista meno del 3% dai massimi storici, e soltanto la metà delle azioni quotate si ritrova in bull market; la restante metà essendo appunto in formale e obiettivo downtrend.
Si tratta di un dato sconcertante, tanto più se si considera che, in concomitanza con il solstizio d’estate, la proporzione di società tecnologiche in bull market secondo il P&F era pari al 65%: quasi 15 punti percentuali in più, con il mercato che peraltro si attestava su livelli non superiori a quelli correnti: 7781.5 punti di Nasdaq Composite, contro i 7879 punti di ieri.
In linea di principio, una contrazione così marcata è fenomeno inconsueto, prescindendo per un attimo dalla condizione dell’indice generale.
Come suggerisce la figura, una contrazione pari a 14 punti nell’arco di 15 settimane quest’anno è stata registrata già ad inizio febbraio e ad inizio maggio. La circostanza è di conforto, perché in ambo le occasioni il Composite reagì mettendo a segno vistosi recuperi.
Ma c’è un “ma”. A differenza di allora, oggi il Nasdaq non viene certo da un ribasso considerevole. Dobbiamo allora soffermarci su tutti i casi in cui il BPI del Nasdaq Composite scivoli di almeno 14 punti in 75 sedute, a fronte di un indice sottostante distante non più del 3% dai livelli più elevati conseguiti nelle precedenti 13 settimane. Vediamo cosa produce una replica del setup registrato in questi giorni:
Tutto sommato l’allarme non risuona con fragore. Il setup dettagliato è stato registrato altre 7 volte negli ultimi vent’anni. In non poche occasioni si è trattato di un sostanziale “non evento”; ma l’attenzione si rivolge soprattutto verso gli episodi di fine 1999 e di settembre 2007: quando la frattura rilevata anticipò non di molto un massimo di primaria rilevanza.
Se vi dicessero che ci fosse quasi il 30% di probabilità di andare incontro ad un crash del listino tecnologico americano, risultereste egualmente indifferenti?