Wall Street preme contro la Fed

- 02/07/2019
La sensazione, leggendo i vari resoconti, è che economisti e money manager erano preparati al peggio: non sarebbe stata una cattiva notizia se dal G20 dello scorso fine settimana fosse emerso un completo nulla di fatto nei negoziati fra Stati Uniti e Cina. Alcune banche di investimento si aspettano una tensione a bassa intensità che perduri per anni, il che lascia intendere che difficilmente si conseguirà un'euforia tale da risultare un elemento negativo per il mercato azionario.
Quantomeno, parte del pessimismo maturato fra maggio e giugno è stato smantellato. Si osservi la media a 10 giorni del put/call ratio sull'FXI, il popolare ETF sulla borsa cinese. Maggiore è il dato, e più elevato è il pessimismo. Come si può notare, il rapporto punta radicalmente verso il basso dai picchi registrati a fine maggio e metà giugno. Allo stesso tempo, si colloca ben sopra i minimi di febbraio e marzo. Insomma il sentiment è adesso neutrale, il che implica un bilanciamento dei rischi fra rialzo e ribasso.
La settimana passata non ha rivelato sostanziali novità, con lo S&P500 che ha ripiegato dalla resistenza a 2950 punti in essere da settembre dello scorso anno. È lo stesso livello raggiunto in occasione degli ultimi due Federal Open Market Committee (FOMC), coincisi con il mantenimento di tassi immutati: il che di solito si rivela un catalizzatore di ulteriori rialzi per il mercato azionario.
La crescente sensazione di una insofferenza da parte di Wall Street per il perdurare della guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina, ha ingenerato la percezione di una Fed pronta a tagliare i tassi di interesse, ma l'incertezza è non poca. Dovesse la banca centrale americana procedere in tal senso, la spinta dei compratori sarebbe rilevante, visto il copioso denaro parcheggiato. Conferme giungono dai sondaggi sugli umori degli investitori, e dalle vendite di azioni allo scoperto: aumentate del 2%, stando alla rilevazione più recente.