Bund / JGB
Sei proprio sicuro, Bill?

Bill Gross è tornato. Il “re dei bond” si è fatto notare in questi giorni non tanto per le sfavillanti performance del fondo che ora gestisce, quanto per le sue ormai mitiche esternazioni: senza mezzi termini, il fondatore di PIMCO ha dichiarato che vendere short il Bund tedesco costituirebbe «l’operazione della vita». Ora, il track record delle esternazioni di Gross non è propriamente luccicante: basti ricordare che ad ottobre 2011, alla fine dell’unica formale correzione concessa da questo spettacolare bull market, sentenziò serafico: «Per chi detiene attività finanziarie, non c’è da aspettarsi un ritorno sull’investimento a doppia cifra». Wall Street sarebbe raddoppiata in due anni e mezzo…
Nessuno nega a Bill Gross la laura honoris causa dell’uomo immagine della finanza; di celebrato addetto alle pubbliche relazioni del risparmio gestito. Ma prima di pendere dalle sue labbra, sarebbe opportuno verificare l’efficacia delle precedenti chiamate pubbliche; e fare un piccolo sforzo per comprendere se sia fondata la previsione di un crollo dei titoli di Stato. Non ci vuole molto, dopotutto.

 
Bisogna risalire ai fattori radicali che spiegano le dinamiche dei tassi di interesse. Storicamente sussiste una evidente correlazione fra l’andamento dei rendimenti decennali americani (blue, scala di sinistra nel grafico) e la velocità della moneta (rosso, scala di destra). Per velocità (“V”) si intende il numero di volte che la moneta “gira” nel corso dell’anno. Non è difficile misurare la velocità di circolazione: essa è pari al rapporto fra il PIL nominale e l’aggregato monetario nell’accezione più ristretta.
Il secolo corrente ha fatto registrare una tendenza secolare: il rallentamento di V. Due recessioni in meno di dieci anni, due crolli del mercato azionario e un crollo di quello immobiliare hanno minato la fiducia degli operatori economici (famiglie e imprese); sempre più riluttanti ad assumere consistenti impegni di spesa. Ne consegue che nel giro di un anno la moneta è passata di mano ad un ritmo meno incalzante di quello sperimentato durante gli anni Ottanta e Novanta. La rilevazione più recente si colloca ai livelli più bassi degli ultimi quarant’anni, e sideralmente lontana dalla media storica.
Senza scomodare la Teoria quantitativa della moneta di Fisher (M*V = P*Q), è evidente che risulta prematuro aspettarsi un’impennata della velocità di circolazione della moneta: dovremmo assistere ad un balzo del tasso di crescita dell’economia, rispetto all’attuale 2.5% tendenziale reale, che semplicemente non è nelle carte. Evidentemente, se V è destinata a scivolare ulteriormente, o comunque a non risalire; sarà ben difficile che i tassi di interesse svolteranno stabilmente verso l’alto.
Affinché la velocità di circolazione della moneta cresca in guisa considerevole, occorrerebbe assistere ad un cambiamento radicale degli istinti degli operatori economici, e quindi ad una maggiore propensione a spendere. In una parola sola: occorrerebbe la fiducia nel futuro. A meno che si possa dimostrare l’imminente intensificarsi degli scambi economici, V sarà destinata a perdurante depressione, e i tassi di interesse risulteranno ancorati verso il basso. Ciò non esclude ovviamente la possibilità che i tassi possano conoscere un rimbalzo anche drastico (e questo vale in modo particolare per il Bund; slegato quest’anno da considerazioni macro); ma i fattori strutturali, a livello globale, sono tutti al posto occupato negli ultimi tre lustri.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...