Fermate il BTP, voglio scendere

- 05/05/2014
Non c’è niente di peggio, che percepire di trovarsi dalla parte sbagliata. Persuasi da proclami roboanti, e da titoli deprimenti, a metà 2012 gli investitori italiani hanno venduto in massa titoli di Stato italiani a lunga scadenza: dopotutto, tutte le banche internazionali vendevano Italia; le sue azioni e i suoi BTP. Scelta scellerata, fu quella. Ora che gli istituzionali tornano sul mercato italiano, dovremmo forse essere persuasi ad assecondarne ancora una volta l’indicazione?
Vediamo di capirci qualcosa in più. Dall’inizio dell’anno l’indice BTP, che tiene conto di apprezzamento del capitale e delle cedole riscosse, si è apprezzato del 6%; ma questo è niente: dalla fine del 2011 l’apprezzamento medio sfiora il 36%. Un dato che decolla per le scadenze lunghe-lunghissime, e che in questi termini non si registrava addirittura dai mitici tempi della “convergenza” del 1998. Un risultato lusinghiero, e per certi versi difficilmente migliorabile.
Conforta in tal senso la statistica. La figura propone l’andamento dei rendimenti del BTP a 10 anni. Come sappiamo tutti, abbiamo sfiorato uno yield del 3%. Un dato statisticamente rilevante.
Rispetto al valore medio (4.50%) degli ultimi 15 anni, il rendimento del Decennale di Stato italiano si attesta a poco più del 3%, come si anticipava poc’anzi. Siamo esattamente a 3 deviazioni standard dalla media. È una misura statistica, raggiunta in precedenza nel 2005, e speculare rispetto ai livelli toccati sul finire del 2011. Da questo punto di vista, escursioni ulteriori in un senso e nell’altro rappresentano delle anomalie “di breve periodo”. In altre parole, era sensato comprare BTP quando rendevano più del 6.5%; è azzardato farlo adesso, con un rendimento che sotto questa prospettiva appare insostenibile per archi di tempo prolungati. A Via XX Settembre staranno prendendo nota.
Dice: Ma c’è la deflazione che minaccia una sindrome giapponese, con rendimenti all’”uno virgola” percento. Può essere. Ma allo stato attuale le quotazioni dei BTP più che scontano uno scenario moderatamente deflazionistico.
Sulla base dell’ultima rilevazione mensile, l’indice dei prezzi al consumo (blue, scala di destra) in Italia flirta con lo zero. Sebbene si tratta di un dato infimo, esso è pur sempre superiore al “tasso zero” di crescita dei prezzi raggiunto nel 2009; quando però i rendimenti (linea verde, scala di sinistra) si attestavano su livelli ben superiori.
Siamo in presenza di una “divergenza” – ancora una volta – speculare rispetto a quella vista a fine 2011: quando lo yield balzò su livelli superiori al precedente picco del 2008, malgrado l’inflazione si attestasse su livelli inferiori. Allora come oggi siamo in presenza di un fenomeno di overshoot: un eccesso verso l’alto tre anni fa, verso il basso oggi. In altre parole, le quotazioni dei BTP erano scese troppo a fine 2011; sono salite troppo oggi.
A questo punto sarebbe opportuno discutere i riflessi per i conti pubblici, per i bilanci delle banche, e per il mercato azionario; di un eventuale risalita dei rendimenti dei titoli di Stato. Ma incombe la ricorrenza della Festa del Lavoro, e per il momento può bastare così…