Via XX Settembre
Tapering sì, tapering no

Che succede sull’obbligazionario? In particolare dalle nostre parti? È una domanda che – per chi di mestiere fa l’analista – si sempre più spesso rivolgere. Si è notato come da un po’ di tempo i rendimenti dei decennali abbiano ricominciato a salire. Che prospettive abbiamo di fronte? Anche perché c’è chi sostiene che i tassi a zero (o quasi) ci accompagneranno per lungo tempo. Dunque, cosa sta scontando il mercato?
Bisogna in effetti fare due distinte valutazioni: una strategica, una tattica. Sotto la prima prospettiva è evidente che esistono e permangono condizionamenti di lungo periodo (eccesso di risparmio globale e scarsa propensione agli investimenti) che determinano pressioni verso il basso sui rendimenti.
Esistono però anche fattori di "breve periodo", che disturbano la tendenza di fondo, e possono generare orientamenti nel senso opposto.
Un fattore che negli ultimi giorni ha guadagnato la ribalta, è la prospettiva - non confermata, non del tutto pienamente smentita - che la BCE possa seguire le orme della Federal Reserve, avviando una politica di "tapering" del programma di acquisti di titoli pubblici e privati; questo nell'ambito del QE, il cui esaurimento ufficiale è calendarizzato per marzo 2017, ma che fino a poco tempo fa secondo il più diffuso sentiment a vrebbe dovuto prolungarsi come minimo per ulteriori sei mesi, fino al settembre 2017, almeno.

Si tratterebbe nello specifico di ridurre ogni mese di 10 miliardi di euro gli acquisti realizzati a ventaglio. La circostanza è di non poco conto, dal momento che nel bilancio di Eurotower ci sono ben 164 miliardi di BTP. Ora, è evidente che la dismissione di questi costituirebbe una autentica tragedia nazionale, se e quando la BCE adotterà la sua exit strategy; a meno che si segua la strada giapponese, che conduce al consolidamento del debito.
Ma è evidente che i rendimenti dei nostri titoli di Stato hanno subito una pressione verso il basso, che verrebbe progressivamente meno, contribuendo ad un riallineamento verso livelli più prossimi ai fondamentali dell’Italia. Ecco, il timore paventato dai mercati al momento è questo.
Non a caso il rendimento del decennale tricolore è passato in meno di due mesi da un minimo dell'1.035%, all'1.37% di queste ore. Nulla di drammatico, per carità; però sembra stiamo abbandonando il percorso discendente inaugurato a metà dello scorso anno.

C'è un altro aspetto da rilevare: in termini reali, alla fine di settembre i rendimenti in Italia hanno raggiunto un livello piuttosto basso. Verosimilmente, fra un anno ce lo dovremmo aspettare su livelli più elevati, non più bassi, rispetto a quelli correnti. O per un crollo dell'inflazione, o per un aumento dei livelli nominali.
Nel primo caso la deflazione sarebbe una iattura, per un paese dove il rapporto fra debito pubblico e PIL sfugge al controllo; nel secondo caso il maggior onere del debito pubblico contribuirebbe alla crescita della spesa pubblica, a fronte della quale o si dovrebbero ridurre altre spese, o si andrebbe incontro ad un aumento del deficit e conseguentemente del debito pubblico.
Insomma le considerazione sono varie e articolate...

Al momento non si registra una formale inversione di tendenza di lungo periodo sui titoli di Stato italiani; intendendo la tendenza inaugurata sul finire del 2011. Ma la situazione va monitorata con estrema attenzione.

Classe 1971, laurea cum laude in Economia e Commercio con una tesi di laurea sull'analisi tecnica dei titoli di borsa, si interessa da oltre venticinque anni di tecniche di analisi dei mercati finanziari. Continua...