Tassi sui BTP troppo alti? O troppo bassi?

- 10/07/2017
È un periodo particolarmente turbolento per il mercato obbligazionario. Che poi: sarebbe più opportuno esprimersi al plurale: i, mercati obbligazionari. Quelli pubblici, da suddividersi per scadenze brevi e scadenze lunghe; e fra emittenti in hard currency, ed emittenti in soft currency. E quelli privati: i corporate bond, della varietà high grade, di maggiore qualità; e high yield, speculativi, più remunerativi, ma di dubbia qualità. Infine, ci sarebbe da distinguere fra rendimenti nominali e rendimenti reali.
Abbastanza materia per scrivere un trattato, altro che un articoletto. E difatti in questi giorni le principali case di ricerca sfornano i loro Outlook per il secondo semestre (e AGE Italia, di cui il curatore di questa rubrica modestamente cura l’ufficio studi, non si sottrae certo), nel tentativo di fornire risposte ai dubbi che attanagliano gli investitori.
Uno di questi riguarda la piega assunta dai rendimenti pubblici. Incoraggiati dalle dichiarazioni rassicuranti, quando non spavalde, dei banchieri centrali circa l’imminenza di un disimpegno dagli stimoli eccezionali degli ultimi anni, i rendimenti a breve hanno incominciato a puntare verso l’alto, sospingendo anche la parte media e lunga della curva dei rendimenti. In Italia lo yield del BTP a dieci anni è risalito sopra il 2.20%. Era sceso all’1.85% appena un paio di settimane fa.
Dal punto di vista tecnico si direbbe che il rendimento abbia trovato un solido supporto in prossimità della media mobile che l’anno scorso più volta agì da resistenza, prima di essere scavalcata. Dunque la tendenza di fondo rimane positiva, malgrado il ripiegamento partito all’inizio della primavera.
Ma che dire dei rendimenti reali?
Al netto dell’inflazione, il BTP a 10 anni offre una remunerazione di 66 punti base: lo 0.66% annuale, in parole povere. Tanto? poco? Giudichi il lettore, sulla base della propria avversione al rischio, e del rischio teorico di insolvenza della repubblica italiana: il CDS a 5 anni si attesta correntemente a 145 punti base, tanto per dire.
Un piccolo aiutino: negli ultimi vent’anni, una remunerazione così contenuta, raramente è stata offerta. Rispetto al un rendimento reale medio del 2.35%, lo yield corrente si colloca più di due deviazioni standard al di sotto di questo livello di equilibrio. A novembre 2011, quando si poneva drammaticamente le condizioni per una straordinaria opportunità di acquisto dei titoli nostrani, lo yield si collocava in posizione diametralmente opposta, tanto per dire.
Ovviamente nulla vieta ai rendimenti nominali di continuare a flettere, per carità. Dopotutto, si tratterebbe di una delle tante illusioni monetarie che i mercati ci consegnano. In effetti nel 2008, quando il rendimento reale si assottigliò a livelli analogamente infimi, il BTP apparentemente si rivalutò per più di dodici mesi, prima di pagare pegno; mentre il rendimento reale schizzava verso l’alto a causa della forte caduta del tasso di inflazione: dal 4% allo zero percento.
Ma è bene sapere che, tenendo conto dell’inflazione, la remunerazione offerta oggi dai titoli di Stato è davvero esigua. Delle due, una: o le finanze pubbliche sono attese ad un avvenire radioso, oppure gli investitori sono chiamati a pagare un premio per il rischio eccessivo.