L'inedita leadership della Vecchia Europa

- 25/03/2024
La narrativa dominante parla di un'Europa che arranca e fatica a distaccarsi dalle sabbie mobili della recessione; zavorrata da una Germania che negli ultimi quattro anni denuncia una sconfortante crescita zero (+0.1% reale, per l'esattezza), e che rappresenta pur sempre un quarto del PIL complessivo dell'Eurozona.
Eppure questo storytelling inizia ad apparire logoro, o quantomeno da rivedere in termini meno stringenti. Perché gli indicatori macro soft mostrano un certo orientamento favorevole verso le prospettive future, pur a fronte di una situazione contigente tutt'altro che esaltante.
D'altro canto le misure dell'attività economica, pur se poco promettenti, risultano da tempo sistematicamente superiori alle aspettative. Questo confronto benigno fra previsioni e realtà, in essere da diversi mesi, ha condotto l'indice delle sorprese macro in ampio territorio positivo, al termine di una risalita iniziata la scorsa estate.
Non solo l'Economic Surprise Index dell'Eurozona, in blue, si colloca in solido territorio positivo; ma risulta adesso superiore a tutti gli ESI che rendiamo disponibili per le diverse aree economiche mondiali. In verde l'ESI dell'Italia: per qualche settimana a sua volta in cima a tutti gli altri misuratori standardizzati di performance economiche relativa.
L'esperienza suggerisce che un indice delle sorprese macro positivo e crescente, ci mette non molto a tradursi in dati macro in termini questa volta assoluti confortanti. Questione di tempo, ma su questa evoluzione benigna possiamo spendere una certa sicurezza. Non è un caso che i listini azionari del Vecchio Continente brillano dallo scorso autunno: anticipando i dati economici che fra diverse settimane mostreranno una evidenza che forzerà una modica radicale dello storytelling.
A quel punto anche gli investitori più recalcitranti saranno costretti ad arrendersi all'evidenza.