La BCE dovrebbe darsi una mossa

La signora Lagarde non ha seguito la leadership suggerita dall'omologo d'Oltreoceano, chiarendo alla recente riunione del direttorio della Banca Centrale Europea che non si scorge una inclinazione definitiva e sufficientemente gratificante dell'inflazione nell'Eurozona, tale da prescrivere una politica monetaria meno aggressiva. Dunque nessun riferimento neanche velato alla possibilità che il policy rate di Francoforte sia ridotto nei prossimi mesi. Forse a giugno, ma non c'é una credibilità visibilità in questo senso.
Vero è che il mandato di Eurotower è perentorio e cristallino: la difesa del potere d'acquisto della moneta. Sì, insomma: il contenimento dell'inflazione, e pazienza se ciò dovesse comportare un sacrificio della crescita. Foss'anche una recessione.

Eppure questo è lo specifico rischio a cui stiamo andando in contro. Il rimbalzo dell'euro conseguente alla recente perdita di valore del dollaro, l'aumento dei tassi di interesse - nominali e adesso soprattutto reali, il sacrificio dell'offerta di moneta nonché una politica fiscale molto meno accomodante della prima parte dell'anno; stanno provocando un vistoso ispessimento delle condizioni finanziarie complessive.
Come abbiamo ormai appreso, non ha più senso nel 2023 parlare esclusivamente di policy rate. È una misura incompleta del tightening in essere. Un punto di partenza, non certo un punto di arrivo, in un contesto tuttora interessato dal contestuale restringimento indotto dal QT in atto; seppur mitigato dal reinvestimento dei titoli acquistati sotto il PEPP e periodicamente giunti a scadenza.
Ma come mostra il nostro Financial Conditions Index, siamo minacciosamente prossimi alla soglia del 75%. Un livello il cui raggiungimento negli ultimi tre lustri ha indotto formali recessioni, così come stimate dall'OCSE (linee verticali in grigio). Mai stati così vicini negli ultimi cinque anni.
La signora Lagarde farebbe bene a riconsiderare la sua perentoria presa di posizione. Dopotutto, non sarebbe la prima volta.