Globale
Ma la politica monetaria è ancora distensiva

Si assiste nelle ultime settimane ad uno stridente contrasto fra lo storytelling della Federal Reserve, pressata dai politici nella direzione di un inasperimento della politica monetaria, che contempli non meno di quattro aumenti dei tassi ufficiali quest'anno; ed un'economia che non sembra confermare il ritmo tumultuoso del 2021: nel primo trimestre il PIL è atteso ad una variazione annualizzata del +0.1%. Stagnazione, insomma, che conferma i dati sorprendenti non certo in positivo dei mesi più recenti.
Qualcuno incomincia a suggerire la possibilità che la Fed, ancora una volta, ad un certo punto sia costretta a fare marcia indietro, ritirano il pivot hawkish di dicembre a favore di un aumento dei tassi più graduale. Se n'é accorto persino il mercato azionario, che ha subodorato - se non il bluff - l'eccesso di aggressività, iniziando a recuperare vistosamente posizioni.

D'altro canto, un conto è parlare di restringimento della politica monetaria; altro è parlare di politica monetaria restrittiva.
Alla fine di gennaio infatti il 53% delle banche centrali di tutto il mondo aveva tagliato i tassi di interesse come ultima misura ufficiale adottata. Non siamo alle proporzioni dovish del 2020: qualche istituto di emissione sta già aumentando i tassi: nelle economie avanzate come in quelle emergenti. Con queste ultime che, peraltro, adesso iniziano a valutare una clamorosa marcia indietro: Cina, ad esempio; o Brasile.
Il punto è che, nel complesso, la politica monetaria globale non può definirsi restrittiva. Non come il 2006, quando le banche in modalità easing furono appena il 10% del totale. E comunque questo anticipò di oltre un anno l'esaurimento del ciclo espansivo, e la conseguente recessione e connesso bear market.

Classe 1971, laurea cum laude in Economia e Commercio con una tesi di laurea sull'analisi tecnica dei titoli di borsa, si interessa da oltre venticinque anni di tecniche di analisi dei mercati finanziari. Continua...