USA
Ci pensi bene, signora Yellen!

NOTA. Articolo scritto ieri mattina. Il FCI è stato riveduto e integrato, e pertanto il grafico è lievemente differente rispetto alla versione originaria.

All’inizio dell’anno era previsto un aumento del tasso sui Fed Funds dallo 0,25 allo 0,50% nel terzo trimestre; poi allo 0.75% nel quarto trimestre. Proprio così: soltanto che l’anno in questione non è quello corrente, ma addirittura il 2010! Il copione si è ripetuto l’anno successivo, con gli economisti che in coro si aspettavano un aumento dei tassi ufficiali alla fine del 2011, e così nel 2012 e negli anni successivi, fino a quello corrente.
La storia si ripete insomma da tempo: sarà la rigidità del freddo invernale, ma ogni inizio d’anno degli ultimi sei anni, gli economisti suggeriscono l’ineluttabilità di un rincaro del costo ufficiale del denaro; che poi, altrettanto puntualmente, sfuma.
Ma quest’anno la signora Yellen appare decisa a sfidare la sorte e ad avviare la fase di normalizzazione della politica monetaria americana. Come sempre, le fazioni si dividono fra favorevoli e contrari: i primi argomentando che sarebbe ora di rimuovere uno stimolo che ormai produce più danni che benefici; i secondi paventando una riedizione del 1937, e sottolineando che l’economia è ancora troppo fragile per sostenere un rincaro del costo ufficiale del denaro.
Dopotutto, cosa sarà mai un simbolico passaggio dallo 0.125 allo 0.375%? Infatti, per quanto triplicati, un primo intervento di 25 punti base lascerebbe i tassi più vicini allo zero che al valore unitario. Quasi quasi non se ne accorgerà nessuno…

Entrate fiscali USA, in rapporto al Prodotto Interno Lordo

Abbiamo due problemi nell’accettare questa tesi. A parte il fatto che la signora Yellen non si disturberà certo nel leggere le note di un aspirante economista dilettante, a quest’ora i giochi sono perlopiù fatti, e qualche malcapitato che si imbatterà in queste note, sarà già a conoscenza della decisione ufficiale del FOMC. Ma poiché siamo masochisti, andiamo oltre.
Il nostro problema è che le condizioni finanziarie effettive sono già restrittive. Si guarda al tasso Fed, come se fosse il perno attorno al quale ruotano economia e mercati finanziari, trascurando variabili parimenti importanti, se non più rilevanti.
La ripresa economica sta riempiendo le casse federali. Ovvio: se aumenta il PIL, aumentando anche imposte e tasse versate. Il governo americano però sta progressivamente spingendo sul pedale dell’acceleratore, facendo crescere i tributi in rapporto al PIL: siamo passati dal 15.4% del 2009 al 16.6% nel 2012, per salire tre anni dopo all’attuale 19.2%. Il signor Smith potrebbe anche risultare indifferente alle decisioni del FOMC, se alla fine dalla tasca gli esce comunque più denaro per assolvere ai suoi doveri fiscali.
Il punto è proprio questo: negli ultimi mesi fattori fiscali, la rivalutazione del dollaro e (in termini medi ponderati) la crescita dei tassi di interesse – sulle scadenze brevi governative e nel segmento dei Corporate bond – hanno comportato di fatto un restringimento effettivo delle condizioni finanziarie, che risulta di gran lunga più gravoso di uno – o anche due, o tre – rincari del costo ufficiale del denaro.
Per verificare questo forte sospetto, abbiamo costruito un indicatore che pondera in egual misura le quattro variabili citate, pervenendo a un indicatore effettivo delle condizioni finanziarie USA:
 

Come si può notare, in una scala compresa fra 0 e 100, le attuali condizioni finanziarie negli USA appaiono già restrittive: meno di quanto è stato sperimentato a fine anni Novanta, ma più del 2007. In queste condizioni, non è necessariamente detto che si profili all’orizzonte una formale recessione (quelle precedenti essendo indicate in alto con le bande verticali grigie); ma presumibilmente un aumento dei tassi di interesse attirerebbe nuovi capitali verso gli USA, provocando una rivalutazione del dollaro e un aumento dei tassi di mercato. Il che verosimilmente porterebbe a condizioni finanziarie ancora più proibitive, ad una contrazione dell’erogazione del credito e in generale ad un contesto macro che non già maggiori tassi di interesse invocherebbe.

Classe 1971, laurea cum laude in Economia e Commercio con una tesi di laurea sull'analisi tecnica dei titoli di borsa, si interessa da oltre venticinque anni di tecniche di analisi dei mercati finanziari. Continua...