USA
Fed Funds rate: tanto rumore per nulla

Risale a luglio dello scorso anno l'ultimo intervento ufficiale sui tassi di interesse americani: una pausa (hold) che dunque perdura da nove mesi. Siamo leggermente oltre la media storica, nel senso che a questo punto dopo l'ultimo aumento dei tassi, sarebbe intervenuto il primo taglio del costo ufficiale del denaro.

Questo perché, tipicamente, l'ultimo inasprimento dei tassi genera finalmente contraccolpi negativi per l'economia, che inducono le autorità monetarie a correre ai ripari, allentando i cordoni della borsa. Non questa volta: l'economia americana infatti non mostra alcuna volontà di rallentare, e questo naturalmente prescrive cautela alla banca centrale USA.

Powell dopotutto non ha molta scelta. Perché riconosce non senza frustrazione che la manovra monetaria restrittiva inaugurata a marzo 2022, non ha sortito del tutto gli effetti sperati. L'inflazione si è ridimensionata, forse in misura determinante per fattori esogeni che poco hanno a che vedere con la politica monetaria.

In ogni caso le condizioni finanziarie complessive hanno ricalcato l'aumento del Fed Funds rate: fino ad un anno e mezzo fa, quando invece hanno svoltato verso il basso. Il costo ufficiale del denaro continuava a salire, il costo effettivo invece nel frattempo si raffreddava.

In parole povere, è come se in questo momento il Fed Funds rate sostanziale si collocasse sui livelli di novembre 2002. Come se il policy rate USA fosse al 3.75-4.00%, e non al 5.25-5.50%. Altro che tagli da qui a fine anno: il mercato ha provveduto in luogo delle autorità monetarie ufficiali a tagliare il costo del denaro in misura equivalente ai sei tagli da 25 punti base attesi all'inizio dell'anno. Ragion per cui non c'è più motivo per intervenire, se non per ratificare quanto occorso lontano dai piani alti della Federal Reserve.

Charles L. (Charlie) Minter è uno dei fondatori della Comstock Partners, Inc., una società costituita nel 1986 e attiva nelle gestioni patrimoniali. Continua...