USA
Il boom del petrolio minaccia il surriscaldamento dei prezzi

Il WTI ha raggiunto venerdì una quotazione superiore ai 66 dollari per barile, e nelle prime ore di questa settimana promette di proseguire nella marcia di avvicinamento ai 70 dollari. E dire che quasi un anno fa si registravano quotazioni negative.
Il confronto anno su anno evidenzia una dinamica impressionante: +230% rispetto alla chiusura del 31 marzo 2020. Ma riportiamo le lancette indietro nel tempo: siamo al 31 gennaio, il tasso di variazione annuale del WTI è finalmente uscito dalla negatività - parliamo di appena cinque settimane fa... - e l'indice USA dei prezzi al consumo avrebbe di lì a breve conosciuto una variazione annuale del +1.3%.

La correlazione fra le due misure è impressionante: più migliora la performance del greggio (linea nera, scala di destra), più aumenta la variazione del CPI (linea rossa, scala di sinistra). Un fenomeno fisiologico e ragionevole: se aumentano i prezzi delle fonti di energia, aumenta la bolletta energetica e dunque l'inflazione.
Ora, torniamo ai giorni nostri. La linea nera, praticamente ferma a zero a fine gennaio; a fine marzo balzerà al 230%. In una certa misura si tratta di una aberrazione indotta dal crollo di un anno fa, ma che i prezzi del petrolio e in generale delle commodity siano aumentati; questo è incontestabile.
La domanda è non se aumenterà l'inflazione a marzo (lo sapremo a metà aprile); ma di quanto aumenterà, e soprattutto se in seguito permarrà su livelli (insopportabilmente?) elevati.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...