USA
Il deleveraging delle famiglie americane

L'economia americana non accenna a perdere colpi, con il prodotto interno lordo atteso in questo trimestre ad una crescita reale non inferiore al +2.0%. Altro che recessione. Altro che necessita di tagliare con sollecitudine i tassi di interesse...
I motivi di questa straordinaria performance, valsa la copertina dell'ultimo numero dell'Economist, sono disparati. Certo è innegabile il contributo alla domanda aggregata da parte del governo americano: che continua a manifestare un deficit federale al 6.4% del PIL, pur a fronte di un'economia non in recessione.

Ma un ruolo non secondario è rivestito dalle famiglie americane. I consumi erano già considerevoli prima della crisi pandemica, al 67.5% del PIL alla fine del 2019. Quattro anni di CoViD e post-CoViD hanno radicalmente modificato le abitudini: si compra letteralmente come se non ci fosse un domani, con la spesa per consumi salita all'ultima rilevazione al 69.3% del PIL americano. Beni di consumo, soprattutto; ma anche servizi ed intrattenimento.
Il motivo di questo benessere è soprattutto finanziario. Il tasso di risparmio è in caduta libera, ma ciò che persuade soprattutto è il bassissimo livello di indebitamento complessivo: al 71.4% alla fine del 2023, siamo ai minimi degli ultimi 23 anni. Idem dicasi per i mutui ipotecari, scesi in valore al 46.7% del prodotto interno lordo.

L'esigenza pressante di ridurre l'esposizione debitoria, che ha esasperato le recessioni passate, non è più una minaccia per la stabilità macroeconomica degli Stati Uniti. Al contrario, le famiglie hanno (relativamente) poco debito, e possono indulgere nell'utilizzo della carta di credito per finanziare i consumi. Certo, acquisti finanziati sono minori consumi di domani. Ma, come rimarcava l'economista, dopotutto nel lungo periodo saremo tutti morti.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...