Il deleveraging delle famiglie americane

- 19/03/2024
L'economia americana non accenna a perdere colpi, con il prodotto interno lordo atteso in questo trimestre ad una crescita reale non inferiore al +2.0%. Altro che recessione. Altro che necessita di tagliare con sollecitudine i tassi di interesse...
I motivi di questa straordinaria performance, valsa la copertina dell'ultimo numero dell'Economist, sono disparati. Certo è innegabile il contributo alla domanda aggregata da parte del governo americano: che continua a manifestare un deficit federale al 6.4% del PIL, pur a fronte di un'economia non in recessione.
Ma un ruolo non secondario è rivestito dalle famiglie americane. I consumi erano già considerevoli prima della crisi pandemica, al 67.5% del PIL alla fine del 2019. Quattro anni di CoViD e post-CoViD hanno radicalmente modificato le abitudini: si compra letteralmente come se non ci fosse un domani, con la spesa per consumi salita all'ultima rilevazione al 69.3% del PIL americano. Beni di consumo, soprattutto; ma anche servizi ed intrattenimento.
Il motivo di questo benessere è soprattutto finanziario. Il tasso di risparmio è in caduta libera, ma ciò che persuade soprattutto è il bassissimo livello di indebitamento complessivo: al 71.4% alla fine del 2023, siamo ai minimi degli ultimi 23 anni. Idem dicasi per i mutui ipotecari, scesi in valore al 46.7% del prodotto interno lordo.
L'esigenza pressante di ridurre l'esposizione debitoria, che ha esasperato le recessioni passate, non è più una minaccia per la stabilità macroeconomica degli Stati Uniti. Al contrario, le famiglie hanno (relativamente) poco debito, e possono indulgere nell'utilizzo della carta di credito per finanziare i consumi. Certo, acquisti finanziati sono minori consumi di domani. Ma, come rimarcava l'economista, dopotutto nel lungo periodo saremo tutti morti.