Il legame fra tassi di interesse e tasso di risparmio

- 27/03/2018
Dal punto di vista macro, il tasso di interesse è il costo opportunità che si sostiene per rimandare a domani i consumi di oggi: se i tassi aumentano, cresce l'appeale del risparmio e si riduce quello della spesa per consumi e investimenti. Di converso, se i tassi si riducono, famiglie ed imprese non troveranno un valido incentivo - ceteris paribus - per accantonare liquidità, e si concederanno maggiore spesa.
In particolare con riferimento alle famiglie il tasso di risparmio sale e scende con i tassi di interesse: minori tassi si accompagnano a maggiori consumi e a minore accantonamento di reddito (tasso di risparmio; ovvero "SR"); maggiori tassi inducono maggior SR e minori consumi.
Questa relazione lineare fra SR e tassi si è spezzata nel 2008, quando le politiche monetarie eccezionali hanno prodotto una evidente decorrelazione. È stato provato che tassi di interesse particolarmente bassi non stimolano oltremodo i consumi, perché le famiglie desiderano generare uno stock assoluto di risparmio, e dunque accantonano reddito, anziché spenderlo.
La correlazione inversa fra SR e tassi ha caratterizzato anche gli ultimi due anni: a fronte di una crescita dei tassi di interesse, il SR è calato; e ora si attesta - in termini di media a dodici mesi - ai livelli più contenuti dal 2005. Si può sospettare che ulteriori rialzi del costo del denaro possano indurre un aumento del tasso di risparmio, che finanzierebbe più agevolmente gli investimenti, con effetti benefici a cascata sulla crescita della produttività e sul PIL potenziale; ma negli Stati Uniti si fanno i conti con i crescenti deficit federali, che finoranno per "mangiare" (crowding out) il risparmio privato.
Resta una condizione non proprio incoraggiante in chiave prospettica: il SR è talmente basso che non può fare altro che risalire. Riducendo di riflesso i consumi, e ponendo una seria ipoteca sulla crescita economica degli anni a venire.