USA
La deflazione finalmente fa la sua comparsa (II Parte)

Un aspetto su cui ci vorremmo soffermare riguarda la convinzione che la deflazione non sarà circoscritta agli Stati Uniti. Come si ricorderà, la deflazione parte dall’eccesso di debito e di investimenti, il che genera eccesso di capacità produttiva e debolezza del pricing power. Questa combinazione letale conduce ad inflazione. Nell’attuale ciclo economico, l’aspetto chiave è l’eccesso di indebitamento: la deflazione è la conseguenza del tentativo in atto di ridurre il debito. In passato abbiamo rilevato come il debito complessivo fosse pari al 260% subito prima della Grande Depressione, prima di scendere, per poi risalire al 367% del PIL nel 2008. In seguito siamo scesi al 335%: ma è troppo alto per prevenire la deflazione. Non a caso, la Fed ha inaugurato il Quantitative Easing (QE) tre volte, nonché la Operation Twist, con cui ha comprato titoli governativi a lunga scadenza, rimpiazzando bond a breve termine. Nel complesso, ciò ha condotto ad un allargamento del bilancio di oltre 4.5 trilioni di dollari, fino a 18.5 trilioni, negli ultimi quattro anni.
Questo surplus di debito dovrà necessariamente essere o ripagato, o ripudiato, con la Fed e le altre banche centrali che nel frattempo tentano di evitare all’economia la deflazione con le loro operazioni di mercato aperto. Questo è fatto tagliando i tassi di interesse, aumentando l’offerta di moneta o comprando bond e titoli per inondare il sistema di liquidità. Molto spesso ciò è più facile da dirsi che da farsi perché per aumentare la moneta nella misura necessaria, bisogna accertarsi che funzioni bene la circolazione della moneta (la cosiddetta “velocità”). Ma se la gente è preoccupata di spendere, preferendo risparmiare, mettendo i soldi nel materasso, sarà impossibile piegare la tendenza della deflazione. In questo momento le banche centrali in giro per il mondo sono frustrate dal fatto che a prescindere dagli strumenti adottati, non riescono a ripristinare l’inflazione.
L’economia giapponese è entrata in deflazione nel 1989, quando il Nikkei sfiorava i 40.000 punti. Hanno fatto tutto il possibile per ribaltare la deflazione, ma ancora oggi ne soffrono gli effetti. Hanno fatto ricorso al QE fra il 2001 e il 2006, quando hanno comprato titoli di Stato e azioni nel tentativo di far tornare l’inflazione; ma non appena hanno finito la deflazione è tornata a fare capolino, con il mercato azionario che nel frattempo ha oscillato fra 20 e 7 mila punti. Immaginate per un attimo quanto sia stato difficile per il Giappone districarsi attraverso 26 anni, senza ancora esserne venuti a capo. La BCE e la PBoC stanno avvertendo ora questo senso di frustrazione: per l’Eurozona sono state appena riviste al ribasso le stime di crescita, malgrado le rassicurazioni di Draghi secondo cui sarebbe stato fatto «tutto ciò che necessiterà» per salvare l’euro e l’Eurozona.
La figura in basso mostra che il debito pubblico e privato mondiali è simile a quello denunciato dagli Stati Uniti (per certi versi peggiore, per altri migliore); ma non è altrettanto minaccioso. Questo perché siamo fortunati a vantare una ricchezza media per individuo maggiore di quella dei nostri partner. Avendo anticipato il resto del mondo con questo enorme fardello di debito relativo, saremo seguiti dal globo nelle problematiche generate da questa abbondanza di debito.

Charles L. (Charlie) Minter è uno dei fondatori della Comstock Partners, Inc., una società costituita nel 1986 e attiva nelle gestioni patrimoniali. Continua...