USA
Le guerre valutarie andranno sempre peggio

Quando un massiccio indebitamento del settore pubblico e privato, conduce ad un collasso del credito e ad una recessione, gli sforzi per ridimensionarlo sono deflazionistici. Le misure che saranno adottate per svalutare il debito verranno meno una dopo l’altra, con le famiglie che tentano di ripagare i prestiti e di incrementare il risparmio, evitando di contrarre nuovi debiti. Nel frattempo le istituzioni finanziarie sono disponibili a concedere credito soltanto ai prenditori più affidabili: un altro fattore che limita l’espansione del credito. Si chiama “trappola della liquidità”, ed è molto difficile sfuggirvi.

Complessivamente il credito negli Stati Uniti, fra famiglie, imprese e governo, è cresciuto da 1500 miliardi del 1970 agli attuali 55000 miliardi.
Allo stato attuale, il debito complessivo ha raggiunto un picco del 385% del PIL nel 2008, non è molto lontano da quel livello oggi. Nel tempo è occorso sempre più debito per creare una unità di PIL, così quando il debito cala, l’economia ristagna. Bill Gross ha esaminato questa problematica nella giusta prospettiva, di recente, quando ha affermato che “ogni dollaro addizionale di credito sembra creare sempre meno energia (riferendosi al PIL). Negli anni Ottanta, occorrevano 4 dollari di nuovo credito per aumentare di un dollaro il PIL; nel decennio successivo il rapporto è cresciuto a 10 a 1 e dal 2006, occorrono 20 dollari di debito per un nuovo dollaro di PIL”.
Bernanke ha compreso benissimo le problematiche generate dalla deflazione nell’attuale contesto, mentre molta gente ancora oggi crede che l’inflazione sarà il seguito inevitabile dell’enorme debito accumulato negli ultimi due decenni. Affrontare con risolutezza l’ammontare raggiunto dall’indebitamento, può portare ad un collasso e ad una depressione, se non affrontato nel modo più opportuno. Da studente della Grande Depressione, Bernanke mise in guardia il Giappone nel 2003 quando si presentò lo stesso dilemma: suggerendo uno stimolo di natura sia monetaria che fiscale.
Al momento viviamo un contesto di svalutazioni competitive, con ogni area economica che stampa moneta per ridurre i tassi di interesse e fare il possibile per svalutare la divisa allo scopo di favorire le esportazioni di beni e servizi. Bisogna sempre ricordare che la deflazione è un risultato di un eccessivo indebitamento, che dovrà essere o ripagato, o ripudiato. Il principale catalizzatore dei recenti movimenti valutari sono state le politiche monetarie adottate dalle banche centrali di tutto il mondo. La Federal Reserve (Fed), la Bank of England (BOE), la Bank of Japan (BOJ), la People Bank of China (PBOC) e la Banca Centrale Europea (BCE) stanno tutte cercando nello stesso momento di stimolare le rispettive economie. E si tratta soltanto delle banche più importante: ci sono al momento ben 38 istituti di emissione sparsi per il mondo che adottano simili politiche di stimolo monetario.
Ma alcune riescono meglio di altre. Dal momento che non è facile stabilire quale di 17 economie abbisogno di maggiore aiuto, la BCE ha offerto a tutti liquidità a tre anni ad un tasso dell’1%. Ma da allora l’euro è salito di oltre il 10% rispetto al dollaro, ed è cresciuto del 20% negli ultimi tre mesi. Questo genera pressioni nell’area Euro, incapace di trovare sbocco per le proprie esportazioni. Non a caso il PIL del IV trimestre è sceso ovunque: del 2.3% annualizzato in Germania, dell’1.1% in Francia, del 3.7% in Italia, del 2.8% in Spagna e del 7.2% in Portogallo. Con la BCE che prevede crescita zero per il 2013.
Dal momento che le svalutazioni competitive stanno danneggiando l’area Euro, il Giappone ha deciso di fare il possibile per ridurre il valore dello yen e stimolare l’inflazione. Hanno capito che negli ultimi due decenni non sono stati sufficientemente aggressivi. Fino ad ora hanno agito con risolutezza e successo, ma a costo di danneggiare i loro partner commerciali. E chiaramente non hanno ancora finito: il ciclo della deflazione è lungi dall’essersi esaurito.

Charles L. (Charlie) Minter è uno dei fondatori della Comstock Partners, Inc., una società costituita nel 1986 e attiva nelle gestioni patrimoniali. Continua...