Le previsioni di crescita della Fed sono già datate

- 30/06/2014
Negli ultimi anni la Fed ha ripetutamente manifestato ottimismo, quando si è trattato di formulare previsioni economiche. Gli economisti della banca centrale sono sempre stati costretti a subire le revisioni al ribasso delle previsioni iniziali. Non a caso, il PIL del primo trimestre era atteso al -1.8% (addirittura -1.0% ad aprile), prima del dato definitivo a -2.9%. Si tratta ad ogni modo della rilevazione più bassa degli ultimi cinque anni, con la componente consumi rivista dal +3.1% iniziale al +1.0%. Evidentemente questa componente ha gravato, oltre a quella della spesa in conto capitale.
Oltretutto, con il rilascio del dato definitivo del Q1, le previsioni rilasciate dalla Fed appena una settimana prima, si rivelano tragicamente datate. L’ultima previsione per l’intero anno si attestava al +2.1/2.3%; ma, alla luce dell’andamento nel primo trimestre, occorrerebbe crescere mediamente del 4.4% nei successivi tre trimestri per rispettare la previsione. E ciò ci sembra altamente improbabile, e ci sorprende il silenzio su questo tema.
Per sperimentare una crescita robusta abbiamo bisogno di maggiore spesa per consumi, che compensi la riluttanza delle aziende ad investire. Ma il problema sul primo fronte è rappresentato dall’enorme debito assunto dalle famiglie durante il periodo compreso fra metà anni Ottanta e il 2007, quando sopraggiunse la “Grande Recessione”: in questo arco di tempo il rapporto fra debito e reddito disponibile è più che raddoppiato. Dal 2007 le famiglie stanno riducendo l’indebitamento: prima che la debolezza dei consumi venga meno dovremo assistere all’esaurimento di questa tendenza, o ad un incremento delle retribuzioni.
In cinque anni di ripresa economica la spesa per consumi in termini reali è cresciuta soltanto del 2.0%: a questo punto storicamente dovrebbe essere cresciuta del 3.5%. Sebbene la creazione di buste paga è stata (a malapena) apprezzabile negli ultimi cinque mesi, con il tasso di disoccupazione calato; la mancanza di crescita dei salari e il tasso di partecipazione alla forza lavoro ai minimi dal 1978, confermano l’esistenza di sacche di sotto-occupazione. Crediamo che il deleveraging e la disoccupazione ancora elevata produrranno delusioni per la Fed, costringendola a promuovere in prospettiva un nuovo programma di stimoli monetari.
Non possiamo che ripetere quanto affermato la scorsa settimana: «crediamo che il mercato correggerà in guisa significativa, prima che la Fed completi il tapering. Questa reazione indurrà la banca centrale a rivedere i suoi propositi, al punto di approvare nuovi programmi di stimoli monetari su base mensile. L’aspetto interessante sarà la reazione del mercato: davvero gli investitori crederanno che la Fed si imbarcherà in un nuovo salvataggio della borsa? davvero compreranno azioni non appena la Fed approverà un nuovo QE, o inizieranno a perdere fiducia nei confronti di queste misure? Propenderemmo per questa seconda possibilità».