Nonostante tutto, rimango ribassista (I Parte)

- 17/05/2013
La tesi che sosteniamo da tempo è che l’enorme ammontare di debito che le famiglie hanno accumulato durante il boom immobiliare, conterrà la spesa per consumi e rallenterà la crescita dell’economia per anni. In termini molto semplici, in media il debito delle famiglie è stato pari al 77% del reddito disponibile nei 61 anni successivi al 1952. Ha superato questo livello nel 1985, e ha accelerato verso l’alto dopo il 2000, toccando un picco del 130% nel 2007. Da allora, i consumatori hanno ridotto lo stock di debito, fino al 105%: ma siamo pur sempre ben oltre la media. Il risultato ciononostante è stato un significativo rallentamento della spesa per consumi: un processo lungi dall’essersi esaurito.
Fondamentale il ruolo del tasso di risparmio. Per 41 anni dal 1951 al 1992 il rapporto fra risparmio e reddito disponibile ha oscillato fra il 7 e l’11%. Tuttavia, man mano che il reddito ha iniziato a flettere, le famiglie hanno mantenuto il precedente tenore di vita attingendo al risparmio accumulato. Il tasso di risparmio si è collocato al di sotto del 2% fra il 2005 e il 2007, mentre il debito è decollato. E sappiamo tutti come è andata a finire.
A prescindere da quello che dicono i politici, la stampa e il pubblico, la combinazione di debito del settore privato elevato, basso tasso di risparmio e crescita stagnante del potere d’acquisto, sono motivi validi per aspettarsi recessione o comunque crescita insufficiente, e questo tema ci accompagnerà ancora per diversi anni.
Negli ultimi due anni, fra il I trimestre 2011 e il I trimestre di quest’anno, la spesa per consumi in termini reali è crescita di appena il 3.8%: a fronte di una crescita reale del reddito disponibile di appena l’1.1%. Non sorprende che le vendite siano state così fiacche negli ultimi due mesi. Con la spesa per consumi che rappresenta tuttora il 70% del PIL, è facile vedere perché l’economia sia in serio pericolo, specie in tempi di ristrettezze fiscali. La Fed è senza dubbio ben conscia di questa situazione, nel momento in cui tenta di stimolare l’economia con la politica monetaria.
Niente di quanto finora detto ha attinenza con la ricerca di Reinhart-Rogoff (RR), rivelatasi in parte errata. Anzitutto, RR si soffermano prevalentemente sul debito pubblico, trascurando quello privato. In secondo luogo, essi sostengono che nel momento in cui il rapporto debito/PIL attraversa il 90%, la crescita economica rallenta. E dunque in primo luogo il principio per cui esiste una soglia magica oltre la quale le cose vanno male, è errata in partenza. È ragionevole invece assumere che nel medio-lungo periodo, elevati livelli di debito nel settore privato frenino l’economia.
Quando è arrivata la primavera, sembrava evidente che l’economia stesse ulteriormente perdendo colpi. Sebbene il rapporto sull’occupazione di aprile abbiamo eccitato il mercato, il diavolo si nasconde nei dettagli: è stato sorprendente il dato di 140 mila nuove buste paga, ma siamo ben al di sotto della media del I trimestre nonché di quella del IV trimestre 2012. Casomai, si dovrebbe concludere che la crescita occupazionale sta rallentando: non certo un motivo per festeggiare.