USA
Nonostante tutto, rimango ribassista (II Parte)

A parte il mediocre rapporto sull’occupazione, ci sono diversi elementi che confermano una economia stagnante in ulteriore rallentamento con i dati di primavera. L’ISM Index è sceso per due mesi consecutivi, e si colloca ora su livelli inferiori rispetto alla media del primo trimestre. La vendita di auto ad aprile è scesa sotto i 15 milioni di unità per la prima volta da ottobre. Il PIL del primo trimestre è cresciuto di un deludente 2.5%, dopo il +0.3% del Q4 2012. In media il PIL USA è cresciuto dell’1.8% annualizzato negli ultimi quattro trimestri. La spesa per consumi in termini reali è cresciuta di appena il 2% nell’ultimo anno, mentre in termini reali il reddito è cresciuto di appena lo 0.9%: solo un crollo del tasso di risparmio ha consentito questa performance.
Inoltre, gli ordini core di beni capitali a marzo sono cresciuti di appena lo 0.2%, dopo il tonfo (-4.8%) di febbraio. La crescita annuale è pari al +0.3%. L’housing market index della NAHB a maggio è salito per la prima volta in quattro mesi, ma rimane al di sotto del picco di dicembre-gennaio. L’avvio di nuovi cantieri ad aprile è calato ai livelli più bassi da novembre. Sebbene lo Small Business Index della NFIB sia salito ad aprile, si colloca appena 5 punti sopra il livello più basso dell’ultimo anno. L’indice si colloca su livelli inferiori rispetto a quelli precedenti il 2008. La produzione industriale è scesa negli ultimi due mesi, e in tre degli ultimi quattro mesi. Il sondaggio della Fed di Philadelphia è sceso a -5.2, il livello più basso da febbraio. In definitiva, nonostante le visioni ottimistiche sbandierate dappertutto, i fatti mostrano diversamente.

E non parliamo delle economie straniere: il FMI ha ridotto ancora una volta le previsioni di crescita del 2013 per Europa e Cina, la quale ha riportato dati deludenti per il primo trimestre a proposito di PIL ed esportazioni. Ciò sta provocando un significativo calo delle quotazioni delle commodity, con ripercussioni sul reddito dei paesi emergenti esportatori di materie prime.
Sebbene la Fed, almeno fino ad ora, sia stata in grado di sostenere le quotazioni azionarie, non è riuscita a sostenere l’economia al punto da conseguire un livello auto-sostenibile; e questo malgrado più di quattro anni di stimoli. I contraccolpi negativi della politica fiscale si vanno intensificando, mentre Washington non sembra capace di alleviare le disfunzioni della politica.
Il mercato col tempo sta perdendo il sostegno ricevuto dalla crescita degli utili aziendali. Negli ultimi quattro trimestri gli EPS sono cresciuti di appena lo 0.4%. Alla luce della crescita deludente negli Stati Uniti e nel resto del mondo, riteniamo irrealistica la previsione di una crescita del 22% nel secondo semestre. Lo S&P quota 20 volte gli utili netti conseguiti, sulla parte superiore di quello che è considerato il range storico di oscillazione.
In definitiva, crediamo che la crescita economica e quella dei profitti sarà deludente nei trimestri a venire, e che gli investitori si rivolgeranno ancora una volta alla Fed, chiedendo di risolvere il problema. Ma questa volta non sembra che Bernanke sarà in grado di fare qualcosa. A questo punto, il rischio di un ribasso del mercato supera i margini risicati di crescita ulteriore da questi livelli.

Un operatore professionale da molti anni attivo sui principali mercati finanziari mondiali. Continua...