Recessione da curva appiattita? Casomai il contrario…

- 30/11/2017
Sono adorabili quelli che, avendo ignorato la ripresa economica degli ultimi 100 mesi, adesso cercano in tutti i modi di persuaderci circa l’imminenza di una recessione. Accantonate le speranze che l’esaurimento del programma di acquisti negli Stati Uniti potesse rappresentare una doccia gelida per il ciclo economico – essendo ormai passati tre anni dall’ultima volta che la Fed ha stampato dollari per comprare anche una misera Agency Note, possiamo esserne certi: la ripresa regge sulle proprie gambe – un significativo numero di osservatori punta il dito contro l’appiattimento della curva dei rendimenti.
Per “curva dei rendimenti” semplicisticamente si intende la differenza fra i tassi di interesse a lunga scadenza, e i tassi a breve scadenza. Le misure possono essere svariate, ma il messaggio è sempre il medesimo: il differenziale si sta riducendo. Se esaminassimo lo spread 30-5 anni (meno sensibile all’influenza della banca centrale), noteremmo in quattro anni una contrazione da 250, a poco più di 70 punti base.
«L’ultima volta che la curva è stata così piatta, risale ad ottobre 2007», sono soliti ammonire gli emarginati dal Toro: in questo modo tentando di esorcizzare un rialzo quasi decennale, evidentemente doloroso. Peccato che si tratti di una valutazione distorta: le ultime volte che lo spread ha raggiunto questo livello, risalgono a dicembre 1998 e aprile 2005. Nel primo caso massimo del mercato Toro e recessione arrivarono rispettivamente dopo 15 e 27 mesi; nel secondo caso, dopo non meno di due anni e mezzo.
La verità è che un differenziale su questi livelli invia un messaggio positivo: l’economia viaggia a pieni cilindri, e il costo del denaro fisiologicamente cresce. I tassi di interesse a 2 anni sono risaliti ai livelli più alti degli ultimi nove anni, alimentando da questo lato – si parla in gergo di bear flattening – l’appiattimento della curva dei rendimenti. I tassi a lunga scadenza difatti scendono, o comunque salgono in misura meno decisa.
Possiamo misurare questo comportamento esaminando il cosiddetto “Fed spread”: la differenza fra i tassi a due anni e il Fed funds rate (linea rossa, scala di destra, nel grafico qui in basso):
La linea azzurra, scala di sinistra, raffigura invece l’indice delle sorprese economiche negli Stati Uniti: sotto una certa prospettiva, un barometro puntuale dello stato di salute della congiuntura economica americana.
Non si nota forse la decisa correlazione? Le due misure sono sovrapponibili: la crescita del premio esatto dal mercato monetario procede di pari passo con il rafforzamento del ciclo economico. Il che conferma come il denunciato appiattimento della curva sia fenomeno fisiologico e anzi salutare.
Per la recessione, ne riparleremo il prossimo anno, se non più tardi...