USA: si sgonfia il boom dell’occupazione

- 06/11/2015
Fra i tanti dati sfornati quotidianamente dall’economia americana ce n’è uno che spesso passa colpevolmente inosservato. Forse dipende dalla frequenza di rilascio che è trimestrale. Troppo, per un mondo che si muove alla velocità della luce, in cui ormai ben 5 delle prime 10 società USA per capitalizzazione, appartengono alla net economy.
Eppure del credito non si può ancora fare a meno, perché il dato di cui stiamo parlando riguarda proprio la propensione delle banche monitorate dalla Federal Reserve, a concedere credito al settore privato. Alle grandi imprese, in particolare.
Nell’ultimo trimestre, si apprende dal Senior Loan Officer Survey, il 7.4% delle banche americane ha rivisto in senso restrittivo gli standard di accesso al credito. Insomma: per le aziende USA è stato meno facile accedere al credito bancario, rispetto al (ai) trimestre/i precedenti.
Questa l’evoluzione dei lending standard negli ultimi anni:
Rispetto al livello medio, il dato percentuale relativo alle banche che restringono gli standard di accesso al credito si colloca in un intervallo che permette di definire condizioni restrittive o al contrario distensive. Nella prima parte di questo decennio in effetti le banche hanno allentato i parametri di concessione dei finanziamenti, e l’economia ne ha senz’altro beneficiato.
Ma il deterioramento delle condizioni di salute delle aziende USA, ben mascherato dai dati impattanti di pochi colossi dal fiorente andamento economico e dagli eccellenti rapporti patrimoniali, ha indotto le banche a stringere negli ultimi trimestri i cordoni della borsa.
Vediamo in particolare dove si colloca oggi il dato in questione:
Esattamente: siamo sugli stessi livelli raggiunti nel III trimestre 2007: un periodo piuttosto infelice, sotto tutti i punti di vista.
Certo, da qui a dichiarare l’imminenza di una recessione ce ne corre. Ma il sondaggio della Fed autorizza una facile previsione: la creazione di buste paga volge al termine. Non ci soffermiamo sulla qualità dei posti di lavoro creati in questi anni, sulla crescita reale stagnante delle retribuzioni o tantomeno sull’effettivo livello (“U6”) della disoccupazione. Lasciamo perdere.
Quel che vogliamo dimostrare, è che la crescita occupazione si sta esaurendo.
Evidentemente, la “macchina crea posti di lavoro” USA segna il passo: negli ultimi dodici mesi ad ottobre, la forza lavoro è cresciuta dell’1.94%: un dato sempre apprezzabile, ma inferiore al +2.34% raggiunto a febbraio. In termini assoluti, se avessimo mantenuto quel ritmo, a quest’ora avremmo calcolato 560 mila posti di lavoro in più.
Il nostro problema – soprattutto, il problema d’altri – è che questo affievolimento è destinato a continuare e ad inasprirsi.
Prendiamo il tasso di variazione annuale dei posti di lavoro USA, mostrati su base trimestrale, e confrontiamolo con la statistica citata in apertura.
Si nota niente? Come no? C’è una evidente correlazione. Nel grafico, lo ripetiamo, la percentuale delle banche USA che hanno ristretto negli ultimi trimestri gli standard di accesso al credito (linea rossa, scala di sinistra) è confrontata con il tasso di variazione della forza lavoro USA a 4 trimestri (linea blue, scala di destra rovesciata).
Si potrebbe quasi argomentare che la politica di concessione del credito da parte delle banche americane anticipi l’occupazione di tre trimestri, per l’esattezza.
Il grafico in basso “sposta a destra” il primo dato, in modo da favorire una proiezione alquanto probabile del secondo dato:
Non è interessante? La contrazione di misura dell’espansione annuale dell’occupazione, diventerebbe più marcata con il passare dei mesi. A settembre 2016 verosimilmente (proiezione celeste) la creazione di posti di lavoro sarebbe azzerata, sulla base dei dati in nostro possesso raccolti dalla Federal Reserve.
Si tratta di una correlazione tanto marcata quanto inoppugnabile. La recessione economica è fuori discussione, ma la recessione delle buste paga in USA diventerà realtà ad un certo punto del prossimo anno. E per assicurare il successo di questa previsione, la signora Yellen sarà lieta fra poche settimane di aumentare il tasso ufficiale della politica monetaria americana, garantendo un ulteriore prevedibile contrazione del credito erogato, che farà in modo da perpetuare una tendenza di cui al momento si scorgono soltanto i primi germogli. Non si tratta però dei mitici “green shot” di Bernanke…